Gosford Park

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gosfordparkNuovo esempio della dispersione altmaniana, Gosford Park è un giallo che non risolve il mistero, lo dissolve. Disseminata di indizi fallaci, di dettagli depistanti (dall’insistere cadenzato sul dettaglio di una boccetta di veleno alle molteplici possibili tracce d’indagine), la narrazione procede per accumulo, sovvertendo le regole del giallo, dove la detection dovrebbe procedere per sottrazione scartando progressivamente le false piste per centrare l’obiettivo e scoprire il colpevole.

Non è così per Gosford Park, il cui mistero si infittisce sempre più fino a penetrare in un ambiente oscuro, recondito. Chiuso in uno spazio teatralizzato e labirintico, modellato secondo l’alternarsi allegorico buio-luce, sopra-sotto, il piccolo mondo descritto da Altman, è malato di un morbo sottocutaneo che è la sua stessa linfa vitale. Un demone sotto la pelle muove l’azione dei personaggi i quali non sono che sintomi di una malattia incurabile del mondo. Un mondo fortemente gerarchizzato, chiuso in rituali ripetitivi, una macchina che funziona perfettamente come un cervello lucidamente folle, abitato dai fantasmi di sempre.

Lo sguardo allora non può che procedere per successive deviazioni e metamorfosi, motore mobile dell’azione, presenza alata, demone esso stesso. Il mondo malato di Gosford Park funziona perché si mostra allo sguardo, trae linfa dalla malattia di cui è affetto. Per questo la forma cinema che si sforza di contenerlo è in realtà mutante. Lo schema del giallo, la ritualità dell’horror (la casa a volte assume contorni gotici, è spazio senza tempo), la levità della commedia, l’omaggio al cinema classico. Ma anche il fascino discreto di Buñuel, i sussurri e le grida di Bergman (l’abbraccio tra le sorelle nella camera da letto nel prefinale). Lo scavo altmaniano, nell’apparente intenzione pedissequa, opera attraverso la costruzione-dissoluzione di forme: dal lavoro sui generi alla duplice forma dell’omicidio, femminea nell’avvelenamento, maschile nella pugnalata. Fino all’apparizione subitanea, subliminale e sublime di una Medea e di un Edipo. Fantasmi di sempre.


di Riccardo Triolo
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