Gli amanti passeggeri

Torna Almodóvar e lo fa a bordo di un aereo in avaria su cui carica il meglio del suo passato fatto di movida, trasgressione e voglia di raccontare le magagne della Spagna di oggi (divorata dalla recessione e da una crisi socioeconomica senza precedenti) usando le armi dell’ironia e della metafora nella speranza che il pubblico possa riderci sopra pur senza smettere mai di riflettere sulle angosce del presente.
Girato interamente all’interno della carlinga di un aereo colorato come una sinfonia pop dei primi anni ’80 (salvo una breve sequenza in esterni madrileni), Gli amanti passeggeri racconta la storia di un mancato viaggio in Messico di un gruppo eterogeneo di viaggiatori costretti a volteggiare sopra i cieli di Toledo nell’attesa che da terra venga trovato un aeroporto adatto ad accogliere il velivolo in avaria poco dopo il decollo. Avaria al carrello causata per distrazione amorosa da due operatori che hanno le fattezze dei super almodovariani di lungo corso Penélope Cruz e Antonio Banderas che si intravedono per pochi attimi all’inizio.
Non si deve però pensare che si tratti di una specie di Airport 2013 nella scia dei fin troppi film dedicati a incidenti di volo con conseguenze più o meno drammatiche. Qui siamo nel territorio del primo Almodóvar, con un campionario assortito di tutto ciò che fa gay (o faceva…) in una specie di amarcord dei bei tempi andati trasferito all’interno degli spazi un po’ claustrofobici di un aereo di linea.
La trama è infatti quasi del tutto pretestuosa perché serve solo da spunto per far sì che equipaggio (costituito da tre assistenti uomini inevitabilmente gay e da donne variamente bizzarre che però dormono per tutto il film) e passeggeri (un frullato di umanità variopinta che riassume al meglio il peggio della società del nostro oggi) siano costretti a interagire dando vita a una miscela ovviamente esplosiva per via degli orientamenti sessuali della buona parte dei due schieramenti.
Dopo essersi accorti dell’inconveniente tecnico, i piloti (uno bisessuale con famiglia e l’altro etero e con forti tendenze alla promiscuità diffusa) invitano hostess e steward a evitare che i passeggeri si rendano conto di quanto accaduto e del fatto che il velivolo dovrà volteggiare nei cieli iberici prima di trovare un aeroporto pronto ad affrontare l’emergenza. Situazione questa che sarebbe già sufficientemente critica in condizioni normali, ma che raggiunge ben presto toni di esilarante esasperazione per come viene deciso di gestirla: dopo aver infatti messo fuori gioco i passeggeri di classe economica e tutte le hostess con la somministrazione di un potente sonnifero, a quelli seduti in business viene invece servito un cocktail “liberatorio” a base di champagne e mescalina che produce in quasi tutti un effetto di Pentothal disinibitore, liberando le forze più represse nell’intimo e facendo sì che ben presto gli angusti spazi dell’aereo si trasformino nel palcoscenico di un teatrino senza freni morali in cui va in scena una specie di catarsi collettiva ad alta quota e ad alta tensione emotiva.
Con questo Gli Amanti passeggeri Almodóvar torna al tipo di cinema che forse il pubblico ha amato di più negli anni all’interno della sua prestigiosa carriera, ovvero a quella esaltazione della gioia sfrenata che aveva inebriato la società spagnola del dopo Franco convertendo il grigiore della dittatura in una celebrazione sregolata di ogni eccesso. Ma se per almeno dieci anni il regista manchego era stato il portabandiera del diritto all’affermazione della propria individualità anche ai limiti di forme estreme di liberazione delle pulsioni più sommerse e inconfessabili, oggi i tempi sono cambiati e quel cinema sulfureo e gioiosamente anarchico sembra poco in linea con il disastro socioeconomico che la Spagna sta attraversando in un ciclone senza fine.
Bocciato a Cannes e stroncato dalla critica di casa (anche se il pubblico ha invece mostrato di gradire alquanto questo ritorno a un clima di spensieratezza liberatoria), Gli amanti passeggeri potrebbe in effetti sembrare un’operazione nostalgia del bel tempo che fu, conscia del rischio che corre nel raccontare storie di trasgressione sessuale che al momento non solo non scandalizzano più nessuno ma che sopratutto interessano a pochi quando in ballo c’è la sopravvivenza del giorno dopo giorno e fin troppi spagnoli combattono alla baionetta per arrivare alla fine del mese.
Potrebbe, anche se a ben vedere forse non è tutto davvero così. Scegliendo la metafora del volo come ambiente chiuso in cui mettere in scena la recita dello sregolamento dei sensi che è la base dell’intera operazione, Almodóvar è invece vicinissimo alla realtà dell’oggi e ai molti problemi che la assillano. L’idea stessa di dividere il mondo rappresentato in classe economica e in business è già di per sé un’analisi acutissima dello stato delle cose in corso: se la classe operaia (ovvero i passeggeri di Economy Class) non va in Paradiso anche quando è tra nuvole e chi sta nella stanza dei bottoni la tramortisce come di fatto è stato in questi lunghi anni di illusioni consumistiche e di bolle finanziarie di ogni tipo, la borghesia illuminata che siede in Business Class e che ha la mano su quegli stessi bottoni se la spassa narcotizzandosi con un cocktail drogato che la scolla dalla realtà vera regalandole il privilegio di godere sfrenatamente della vita mentre il Titanic affonda.
Ora che la Spagna galleggia nel cielo del suo affanno in attesa di trovare chi la aiuti a effettuare un atterraggio di fortuna in un qualche tranquillo aeroporto attrezzato a gestire l’emergenza che la attanaglia, l’aereo di Almodóvar riassume nella varia umanità che vi si agita dentro vizi (moltissimi) e virtù (non pervenute) di un paese alla deriva che reagisce con ridanciana superficialità alle avvisaglie del disastro, illudendosi di poter nascondere i segnali della tragedia dietro l’euforia tossica di una sbronza anacronistica di sesso sfrenato.
Trama
Mentre l’aereo in avaria su cui stanno volando attende di trovare un aeroporto dove effettuare un atterraggio di fortuna, a bordo piloti ed equipaggio (in gara a chi è più bizzarro e originale) cercano di tenere sotto controllo la non facile situazione ricorrendo a originali metodi di intrattenimento che però danno la stura a una sorta di sfrenato psicodramma collettivo destinato a una catarsi collettiva finale proco prima dell’happy end.
di Redazione