Gianni Minà, una vita da giornalista
La recensione di Gianni Minà. Una vita da giornalista, di Loredana Macchietti, a cura di Ignazio Senatore.
Presentato nel corso della 24° Edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce, per la direzione artistica di Alberto La Monica, Gianni Minà, una vita da giornalista è un doc diretto da Loredana Macchietti, seconda moglie del cronista torinese, realizzato l’anno precedente della morte del noto giornalista. Il documentario prende le mosse dai primi passi di Minà come collaboratore della testata sportiva Tuttosport.
Minà, tifosissimo del Torino Calcio, negli anni, spazia in diversi campi e, dopo aver accettato di essere il responsabile dell’ufficio stampa di Gianni Morandi, dopo qualche collaborazione in Rai, conduce dal 1981 al 1984 “Blitz”, fortunato programma televisivo, nato come alternativa a “Domenica in”. Tra le tante interviste a campioni, tra le quali spiccano quelle a Mennea, Benvenuti, Mohamed Alì, Panatta e Tommie Smith. Il doc, ricco di materiali di repertorio, mostra gli incontri di Minà con artisti come Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Renzo Arbore e con musicisti come The Beatles, i Rolling Stones e i Beach Boys. Non mancano i siparietti di Minà con Eduardo Vianello, che ricorda come tra gli assidui frequentatori di un bowling romano, oltre allo stesso Minà, c’erano Tenco, Paoli, Modugno e dove potevi incontrare Sandrelli, Carrà e Califano, che al tempo, era noto come attore di fotoromanzi con il nome di Andrea Del Duca.
Il doc lascia grande spazio all’interesse di Minà per l’America Latina, al punto che fondò e diresse, per un paio di anni, Latinoamerica, una rivista trimestrale, Sfilano, infatti, sullo schermo Chico Barque de Hollande, Vinicio De Moraes, Garcia Marquez, Fidel Castro, Luis Sepulveda e Diego Armando Maradona. Due i punti più alti del doc; la scena, diventata di culto, con Massimo Troisi che racconta come invidiava Minà per la sua agendina, e quello con il giudice Nino Di Matteo. Il magistrato ricorda come Minà si fosse candidato senza successo in Sicilia per la Rete perché al tempo della trattativa Stato-mafia, i malavitosi avevano dirottato i propri voti su Forza Italia. Arricchito da una splendida colonna sonora, composta, tra gli altri, da brani di Paolo Conte, Ivano Fossati, Antonello Venditti e Gino Paoli, il doc ha il pregio di non essere celebrativo ma nel complesso, è fin troppo didascalico e illustrativo. Nel rendere un doveroso omaggio a un grande professionista del giornalismo, il doc ha come punto debole quello di aver lasciato fin troppo sullo sfondo l’uomo.
di Ignazio Senatore