Genitori & figli – Agitare bene prima dell’uso

Un insegnante d’italiano di un liceo romano (Michele Placido) e sua moglie (Margherita Buy) sono in crisi con il loro figlio (Andrea Fachinetti), smanioso di partecipare a tutti i costi al Grande Fratello. Il professore, per capirci di più, decide di mettere temporaneamente in un angolo i classici per assegnare alla sua classe di quattordicenni un tema dal titolo Genitori e figli: istruzioni per l’uso. Tra gli studenti chiamati a scrivere c’è anche la dolce Nina (Chiara Passarelli), protagonista del film e voce narrante, che ci trascinerà nel suo mondo popolato da un ampio e composito catalogo umano: vi troveremo le amiche smaliziate e svampite, il playboy della scuola dalla Cina con furore, il primo grande amore (il gradasso dal cuore d’oro Emanuele Propizio), i genitori separati (il represso Silvio Orlando e l’irritabile Luciana Littizzetto) e i rispettivi amanti (la figa ma sfigata Elena Sofia Ricci e Max Tortora che non ha bisogno di aggettivi), il fratellino esaltato xenofobo (Matteo Amata) e la rediviva nonna sregolata (Piera Degli Esposti). Ci sarà modo di incontrare nel film anche Gianna Nannini, che interpreta se stessa, nonché, in brevissime apparizioni, Valeria Solarino e Sergio Rubini.

Dopo l’impalpabile Italians, Giovanni Veronesi ritorna così sugli schermi italiani con Genitori & figli – Agitare bene prima dell’uso. Il regista toscano sceglie questa volta di adottare una struttura narrativa più lineare, distaccandosi da quella rigidamente episodica dei suoi ultimi film, nella convinzione di poter caricare il discorso di maggiori corposità e pregnanza. Spinto da motivazioni evidentemente più solide rispetto a quelle che erano alla base di Italians, Veronesi in Genitori & figli vorrebbe tentare in effetti un contatto più complesso con la realtà, ma gli esiti raggiunti, in buona parte, vanno a contraddire i propositi. Il risultato è una commedia leggera, corretta, di mestiere, che non lesina alcuni momenti di divertimento e di risate ma che, ciononostante, non riesce a lasciare tracce durevoli, che sa un po’ di rancido, che non offre particolari spunti di riflessione. Lo sguardo sul presente, sulle distanze e incomprensioni che separano genitori e figli, ai tempi di Internet e di videofonini sempre in agguato, non è sufficientemente ficcante e rimane perlopiù legato alla pura esteriorità delle cose. E questo è il limite più ingombrante di una pellicola che si sforza di essere qualcosa di più, che vorrebbe dire qualcosa di più, che indossa il camice della commedia di costume, ripromettendosi l’esercizio di una meditazione seria su alcuni aspetti della nostra società, ma che alla fine pecca pesantemente di mancanza di mordente e di inventiva. Per la cronaca, alle due famiglie, quella di Placido e quella di Orlando, non andrà così male: alla fine qualche spiraglio di un possibile maggiore equilibrio lo si intravede.

Per quanto riguarda gli interpreti, promuoviamo la prova della giovanissima Passarelli, per la prima volta sullo schermo; quella dei “grandi” è invece normale amministrazione ma non manca, in ordine sparso, il ricorso a formulette e a cerimoniali recitativi che conosciamo già abbastanza.

Concludiamo dicendo che se è vero che il livello del cinema di Veronesi è di gran lunga superiore, neanche lontanamente paragonabile, a quello degli insulsi cine-panettoni o delle commediole zuccherose del filone “mocciano”, è altresì effettiva, purtroppo, la distanza dalle commedie acute e pungenti firmate da Paolo Virzì (dopo aver visto Genitori & figli vedetevi o rivedetevi Caterina va in città). Sembra che il cinema del regista di Viola bacia tutti non riesca ad andare oltre se stesso, oltre quello che già è, un cinema dalla confezione ben rifinita per palati anche diversi, che pare come voler  rinviare ogni volta alla puntata successiva l’appuntamento con il salto di qualità. Ma Veronesi non è uno che fa film da poco tempo, per cui è lecito domandarsi se questa “maturità” è ancora lì che aspetta o se sia stata afferrata un bel po’ di tempo fa e messa al sicuro in cassaforte.


di Leonardo Gregorio
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