Fine pena mai

fine_pena_mai

fine_pena_maiDavide BarlettiLorenzo Conte (Fluid Video Crew) hanno ottenuto consistenti appoggi dagli enti pugliesi, da quelli nazionali ed europei per la realizzazione di Fine pena mai (la formula usata, nei registri carcerari, per identificare i condannati all’ergastolo), ma l’opera che hanno diretto non appare soddisfacente né dal punto di vista promozionale e questo è, paradossalmente, l’aspetto più positivo, né da quello sociale. E’ la storia vera di Antonio Perrone, condannato a 49 anni di carcere per concorso in omicidio associazione per delinquere, traffico di droga e reati vari.

Il film è liberamente tratto dal libro Vista d’interni. Diario di carcere, di “scuri” e seghe, di trip e di sventure scritto dal protagonista (ed. Manni, 2003) quale riflessione sui 15 anni trascorsi in regime carcerario duro secondo quanto disposto dal famoso articolo anticriminalità organizzata, il 41 bis.
All’inizio il protagonista è uno studente di psicologia della piccola borghesia pugliese che, assieme alla compagna Daniela, si trasforma, per desiderio di agiatezza economica, in piccolo delinquente, medio trafficante di stupefacenti, adepto della Sacra Corona Unita.
Non c’è molto di nuovo in questa percorso che mima molti altri itinerari già presenti sia dal cinema americano sia da quello italiano. Qui c’è, in più, un fastidioso moralismo teso a dimostrare che il crimine non paga. Dicevamo che il dato positivo riguardava il paesaggio, ma giusto in senso opposto a quanto, forse, speravano gli enti promotori salentini, nel senso che poche volte abbiamo visto una corrispondenza così precisa fra degrado morale e ambientale.
Gli scenari che fanno da sfondo alla vicenda sono degradati, corrotti, diruti non meno della coscienza e dei corpi dei protagonisti. In definitiva un film sostanzialmente mancato, oscillante fra il già visto e il documentaristico.

Per concessione di www.cinemateatro.com


di Umberto Rossi
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