Finalmente l’alba

La recensione di Finalmente l'alba, di Saverio Costanzo, a cura di Anna Maria Pasetti.

Virando l’idea iniziale di realismo sul caso Montesi in una fiaba dark coeva al tragico fatto di cronaca del 1953, Saverio Costanzo realizza con Finalmente l’alba uno dei suoi lavori più ambiziosi, certamente quello dal budget più corposo. Punto di vista e cuore del racconto è una giovane catapultata casualmente nel magico mondo della Hollywood sul Tevere, che con la sfortunata Wilma – fuori campo mai che aleggia nello sfondo narrativo e anzi motivo di inquietudini per la protagonista – condivide l’età e le location della lunghissima notte che trascorre in compagnia di star americane. Queste trascinano Mimosa in un vortice eccentrico tra il sogno e l’incubo, cercando nei suoi grandi occhi pieni di stupore, un’innocenza che loro da tempo hanno smarrito.

Opera articolata, ricca di idee, che il regista ha sceneggiato appellandosi a evidenti ispirazioni cinematografiche che vanno dai felliniani Lo sceicco bianco e La dolce vita, a Bellissima di Visconti, Finalmente l’alba può ascriversi a romanzo di formazione di una novella Alice nel paese delle meraviglie in cui il discorso meta-cinematografico è a servizio dello sconfinamento tra realtà e finzione operato dalla fertile immaginazione della protagonista, sul cui punto di osservazione è saldamente fissato lo sguardo del regista.

Nel viaggio che la porterà all’alba, ovvero alla consapevolezza di sé, Mimosa – interpretata dalla sorprendente Rebecca Antonaci – attraversa tappe archetipiche del percorso emancipativo dell’inconscio, fatto di inquieti boschi, fantasmi e corridoi costellati da significative porte d’accesso che, se da una parte separano i mondi, dall’altra ricordano quanto il cinema sia anche il riflesso scomposto di tante verità, l’importante è scegliere la propria. 

Film geometrico e poetico sul guardare e sul nascondersi, curato nella narrazione degli spazi che avvicendano location di assoluta bellezza, dotato di una drammaturgia insaziabile di turning point – talvolta con qualche accento e lunghezza di troppo – e di indubbio alto valore produttivo, Finalmente l’alba conferma la cifra dark, onirica ma anche ironica di un autore innamorato del cinema, capace, anche dai drammi più oscuri, di riscattare e illuminare le coscienze. 


di Anna Maria Pasetti
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