Peter Von Kant

La recensione di Alessandro Amato e la rassegna stampa a cura di Simone Soranna riguardo a Peter Von Kant, di François Ozon, Film della Critica per l'SNCCI.

Peter Von Kant, di François Ozon distribuito da Academy Two è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) con la seguente motivazione:

«Un’operazione cinefila acuta e dislocante, sorprendente: Ozon torna a Fassbinder, coniuga Le lacrime amare di Petra Von Kant al maschile, in uno di quei cambi di genere che il cinema industriale chiama gender swap, e nel farlo riscrive la biografia e la poetica del regista tedesco, come a farlo resuscitare e rivivere tra le pareti della sua opera, dentro un lavoro che coincideva con la vita, e che qui si confonde letteralmente con essa, tra amorevole parodia e sentita nostalgia».

Il logo dei Film della Critica SNCCI

La recensione
di Alessandro Amato

«Bisogna realizzare qualcosa di bello», afferma il regista Peter Von Kant, interpretato da uno straordinario Denis Menochet, confermato attore-rivelazione dell’anno, protagonista dell’ultima fatica cinematografica di François Ozon. Nel film, liberamente tratto dalla pièce Le lacrime amare di Petra Von Kant di Rainer Werner Fassbinder, dalla quale lo stesso cineasta bavarese trasse l’omonimo film del 1972, di bellezza si parla tantissimo. Battute come «Sei così bello» e «Hai la pelle più bella del mondo» e ancora «Il tuo corpo è il tuo capitale» dettano i tempi e toni della relazione di Peter con l’assai più giovane aspirante attore Amir Ben Salem. C’è addirittura una scena, assente nella suddetta prima trasposizione, in cui questa ossessione estetica diventa teoria della seduzione. Si tratta del momento (questo sì, presente nel testo originale) in cui il ragazzo racconta le sventure della propria famiglia, l’omicidio-suicidio del padre ai danni della madre, che Peter decide di riprendere attraverso l’obiettivo della sua macchina da presa come se fosse un provino. Insomma, se Fassbinder aveva lasciato questo scambio nella soffocante stanza-prigione di Petra mettendola in scena come una confessione religiosa, Ozon preferisce esplicitare il voyeurismo un po’ vampiresco di Peter nei confronti di quel corpo che comincia a desiderare tormentosamente. È così che l’autore francese si appropria di un’opera che, con tutta evidenza, fa parte della sua formazione emotiva, riuscendo nell’impresa di fare al tempo un omaggio e un film totalmente suo.

Perché in Peter Von Kant c’è sì l’amore per la poetica di Fassbinder, persino mostrato nelle due immagini che aprono e chiudono la pellicola – nella seconda affiancato dalla sua diva-feticcio Hanna Schygulla, all’epoca interprete della giovane Karin desiderata da Petra e ora, ovviamente, nei panni dell’anziana madre di Peter – ma c’è, come sempre, anche il cinema di Ozon stesso. Andando a ritroso e tirando le somme, impossibile non denotare quanto fassbinderiano sia l’intero percorso del francese, a partire dai due temi principali de Le lacrime amare di Petra Von Kant: la creazione artistica e la menzogna, intese come compensazione sentimentale. La prima era già presentissima in Swimming Pool (2003), dove la giallista protagonista è avvicinata tanto dalla cinepresa da far partecipare lo spettatore, un po’ morbosamente, all’intero processo di scrittura. La seconda è persino trasversale ma già particolarmente evidente in Sotto la sabbia (2000), il quale raccontava la storia di una donna che rifiuta di ammettere la morte del marito e continua la propria esistenza come se lui fosse ancora vivo. Per candida ammissione di Ozon, le due donne di questi due film vivono nelle loro teste. Ma anche Petra/Peter mente senza sosta pur di non soffrire.

Il melodramma non è però l’unico elemento di continuità con l’universo fassbinderiano: c’è naturalmente anche la questione di come rappresentare l’omosessualità. Fin dagli esordi con il grottesco Sitcom (1998), e certo passando per Gocce d’acqua su pietre roventi (2000), anch’esso ispirato a un testo teatrale del regista tedesco, l’identità sessuale nel cinema di Ozon è sempre stata fluida e di conseguenza problematizzata. Peter è stato sposato con una donna, ha una figlia, eppure oggi è attratto esclusivamente dagli uomini. La Petra di Fassbinder forse non era così decisa nella sua scelta, e probabilmente quest’ultima era legata più ad una frustrazione che non a un definito orientamento, ma è difficile stabilirlo trattandosi dei censuratissimi anni settanta. Nel complesso il dramma-omaggio funziona forse proprio per le distanze che, almeno in superficie, prende dall’opera di partenza. A differenza del tedesco che componeva le situazioni in tableaux vivants decadenti e soffocanti, Ozon lavora su un découpage più classico e dinamico, chiudendo i suoi personaggi in quadri solo se strettamente necessario e con un indubbio senso pratico. Disturbano solamente le aggiunte vagamente soap sul rapporto fra Peter e la sua amica-diva, ma l’intenzione del francese era sicuramente quella solita di giocare con generi e registri e perciò l’azzardo è presto perdonato.

Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Simone Soranna)

La critica italiana ha accolto piuttosto calorosamente il film di Ozon a cominciare dalla sua presentazione alla Berlinale del 2022. Su Cineforum, Davide Oberto descrive così la pellicola: «Peter von Kant, ossia una vertigine tra feticcio, amore e amore per la citazione feticista. François Ozon è esplicito, nudo e senza vergogna in questa ridicola, commovente, divertente, dichiarazione d’amore per (il cinema di) Fassbinder». Anche Chiara Zuccari di Sentieri Selvaggi pone l’attenzione sullo stretto rapporto che intercorre tra i due registi. Scrive infatti la critica: «era il 2000 quando François Ozon girava Gocce d’acqua su pietre roventi, adattamento dell’opera teatrale omonima di Rainer Werner Fassbinder. Un regista a cui Ozon è sempre stato devoto, quasi ossessionato, e dal cui cinema quello del regista francese è stato da sempre fortemente influenzato. Ora Ozon torna a confrontarsi con il mito di Fassbinder. Ma lo fa con una consapevolezza e un approccio totalmente diversi».

Questo elemento viene analizzato anche su FilmTV dalle parole di Giulio Sangiorgio: «che il cinema di François Ozon sia attraversato dalla passione per Rainer Werner Fassbinder (e dunque Douglas Sirk) lo dicono i suoi film, anche direttamente. L’adattamento della pièce scritta dal tedesco a 19 anni, Gocce d’acqua su pietre roventi. La gabbia melodrammatica e barocca Angel (in cui porta Sirk a coincidere con RWF, via Effi Briest). Il video-essay ante litteram Quand la peur dévore l’âme, in cui riflette Secondo amore in La paura mangia l’anima e viceversa».

Su Il fatto quotidiano, invece, Federico Pontiggia aggiunge ulteriore carne al fuoco lodando il coraggio e l’ambizione del regista, non solo per l’omaggio dichiarato a Fassbinder, ma per aver allestito una rivisitazione in chiave queer. Affermo infatti il critico: «se Petra diventa Peter tutto cambia affinché – gattopardescamente tutto resti uguale, o quasi. L’omaggio al genio di Rainer Werner Fassbinder valeva la sfida, con i rischi annessi di un clamoroso scivolone da profanazione del grande classico. Ma se una cosa si è appresa dall’ormai corposa carriera di François Ozon è che il 55enne regista parigino ha coraggio da vendere, che nutre di affronti e confronti con il cinema altro e proprio, cimentandosi con generi e contaminazioni ardite». Gli fa eco Luca Pacilio che, sulle pagine di Rumore, descrive il film in questi termini: «Peter Von Kant si colloca su un piano simile, essendo anch’esso il frutto di una contaminazione teorica: la rivisitazione di Le Lacrime Amare Di Petra Von Kant come ennesimo esercizio di scherzosa cineteatralità, pastiche cucinato a suon di genderswap, disperazione virata in commedia e altri strategici ribaltamenti».


di Alessandro Amato
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