Perfect Days

La recensione di Mariangela Di Natale, seguita dalla rassegna stampa a cura di Simone Soranna riguarda a Perfect Days, di Wim Wenders, Film della Critica per l'SNCCI.

Perfect Days, di Wim Wenders, distribuito da Lucky Red, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

«Riflettendosi nuovamente nel cinema di Ozu, Wim Wenders ritrova attraverso la natura, l’arte e uno sguardo contemplativo su un uomo solitario e una città, la sua sintesi migliore, tra una colonna sonora eterna e il confine tra digitale e analogico. Straordinario l’interprete Kōji Yakusho».

La recensione
di Mariangela Di Natale

Wim Wenders torna a raccontare una metropoli. Se Berlino la guardava dal cielo e Lisbona dal suo sconfinato fiume, Tokyo ce la racconta attraverso la  semplicità e l’umiltà di un uomo a dir poco disarmante, attento ad apprezzare e dare valore alle piccole cose della vita. Perfect Days, premiato per il miglior attore protagonista al 76º Festival di Cannes e  in competizione ai prossimi Oscar per il miglior film in lingua straniera, arriva nelle sale italiane dal 4 gennaio 2024 distribuito da Lucky Red.

La pellicola narra  la storia di un inserviente giapponese, Hirayama, interpretato da Kôji Yakusho, che pulisce bagni pubblici in giro per Tokyo, restituendo lo scenario architettonico e il design ultra-moderno delle toilettes della città, principali location dell’opera. Il protagonista è un sessantenne solitario e silenzioso che fa uno dei lavori più umili che si possano immaginare e lo fa con una rispettabilità, una cura e una dedizione quasi toccante, nel rispetto profondo per il bene comune.

L’autore di Il cielo sopra Berlino, in veste di regista e sceneggiatore (con Takuma  Takasaki), grazie alla grande familiarità con il documentario riesce a costruire solo con gesti e brevi sequenze, senza bisogno di farlo parlare, un personaggio dalla profonda dignità, cordialità e forte senso del dovere. Hirayama, ama la lettura (Faulkner, Patricia Highsmith, Aya Kōda), è appassionato di piante, di fotografia, ascolta  la musica rock degli anni ’70 dentro il suo furgone con le audiocassette di Lou Reed, Patti Smith, The Animals, Van Morrison,  Otis Redding e Nina Simone. Metodico e routiniario, beve  il solito caffè in lattina al distributore, mangia lo stesso panino a pranzo in un parco sotto il suo albero-amico che fotografa con macchina analogica, nella continua ricerca di luce e ombre, emozioni e pensieri, consuma i suoi pasti in locali abituali e di fiducia dove è ormai di casa. 

Wenders ci presenta un individuo, premuroso, attento e rituale, meticoloso, doppiamente diviso tra il compimento del proprio dovere e il perseguimento delle proprie passioni, da cui lascia trapelare nei piccoli gesti e sguardi la natura forte e al tempo stesso sensibile di un uomo solitario, ma per niente chiuso al mondo. Ha una vita semplice e la sua quotidianità è scandita da una routine sempre uguale, ma ha un passato intenso che riemerge un poco alla volta attraverso incontri inattesi.

Il regista tedesco sembra voler riprendere i toni e i sentimenti del cinema del grande maestro giapponese, Yasujirō Ozu, avvicinandosi molto al suo modello nel rivelare una profonda comprensione delle intenzioni umane e un’inimitabile capacità di rappresentarle con tratti delicati, essenziali e universali. Wenders, quasi ottantenne, abbraccia l’anzianità come impegno a godersi ogni istante del presente, si lascia andare alla tenerezza, alla riflessione poetica sulla ricerca della bellezza nelle piccole azioni di ogni giorno, in ciò che facciamo e in quello che abbiamo attorno, concentrandosi sul momento, cogliendo le piccole, enormi bellezze di una vita che talvolta si rivela dolorosa, difficile e insensata.

Perfect Days, definisce la psicologia di un uomo, scollato dal tempo, che si ritrova in un futuro a lui estraneo (non ha uno smartphone, non sa cosa sia Spotify, il digitale non fa parte della sua vita ) ma comunque ci convive. I ricordi di Hirayama, non solo con il suo passato ma proprio con la sua storia personale, riemergono attraverso la copertina di un libro dello scrittore statunitense, William Faulkner,  le musicassette  di Lou Reed (Transformer), Patti Smith (Horses), visioni fantasiose in bianco e nero, proprio come quelle surreali del cinema di Truffaut.

Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Simone Soranna)

Sin dalla sua presentazione al Festival di Cannes, dove l’attore protagonista Kôji Yakusho si aggiudicò il premio per la miglior interpretazione del Concorso, Perfect Days è stato accolto ottimamente dalla stampa italiana, che lo ha definito uno dei titoli più riusciti e liberi all’interno della filmografia di Wim Wenders.

In molti lo hanno paragonato al cinema di Ozu, notando diverse affinità più o meno esplicite. Simone Emiliani, ad esempio, scrive così su Sentieri Selvaggi: «si chiama Hirayama, proprio come il protagonista dell’ultimo film di Ozu, Il gusto del sakè. Lavora come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo. Conduce una vita abbastanza abitudinaria. Parla pochissimo e ha una grande passione per la musica, i libri e gli alberi che ama fotografare. Wenders segue il suo protagonista, dove l’interpretazione da Palma come miglior attore di Kôji Yakusho crea con il suo personaggio un’intimità nascosta. Diventa il punto d’incontro tra il cineasta e quello che sta filmando».

Anche Federico Gironi, di ComingSoon, accosta da subito il film di Wenders allo sguardo di Ozu. Scrive infatti così nella sua recensione: «Hirayama era il nome della famiglia che Yasujirō Ozu raccontava nel suo ultimo film, Il gusto del sakè, e di certo non è un caso. In trasferta in Giappone, con una sceneggiatura scritta assieme a Takuma Takasaki, Wim Wenders sembra voler riprendere i toni e i sentimenti del cinema del grande maestro giapponese, riuscendo nell’ardua impresa di avvicinarsi molto a quel modello».

Elisa Battistini, sulle pagine di Quinlan, entra nel vivo della pellicola notando come si tratti di un film emotivamente potente ma ampiamente ragionato. Afferma infatti la critica: «Wenders in Perfect Days raggiunge momenti di grande intensità emotiva attraverso una manovra di purificazione in realtà impossibile fino in fondo, togliendosi di dosso ciò da cui sente la necessità di emendarsi ma che è sempre percepibile sotto la superficie. Il film è il tentativo, a tratti riuscito, di raccontare una vita in essenza eppure non ha niente di immediato: questa torsione rende il film un’operazione di grande interesse quanto ineluttabilmente ragionata».

Le fa eco Lorenzo Rossi, che su Cineforum afferma quanto segue: «è soprattutto un film di gesti, azioni, emozioni e passioni Perfect Days, di elementi cioè che molto più della narrazione e della trama riescono a creare suggestione. Come il modo in cui Hirayama svolge il suo lavoro: con un impegno, una meticolosità e uno scrupolo che nonostante la repulsione derivante dall’idea di pulire l’orinatoio o il water di una toilette pubblica – e nonostante l’aleatorietà di tutto questo, come nota il giovane collega dell’uomo – rivela tutta l’umanità del suo spirito».


di Redazione
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