Il maestro giardiniere

La recensione di Joana Fresu de Azevedo, seguita dalla rassegna stampa a cura di Simone Soranna riguarda a Il maestro giardiniere, di Paul Schrader, Film della Critica per l'SNCCI.

Il maestro giardiniere, di Paul Schrader, distribuito da Movies Inspired, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

«Paul Schrader costruisce una nuova variazione sui temi cardine della sua poetica di caduta e redenzione, e ci consegna una riduzione in purezza assoluta delle sue dinamiche formali, come il diario tenuto dal protagonista. In questa maniera Il maestro giardiniere sembra chiudere una vertiginosa trilogia allargando il discorso sulla violenza a inusuali istanti onirici e ad una riflessione sugli spauracchi politici della contemporaneità».

La recensione
di Joana Fresu de Azevedo

Mentre, nel 2022, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia onorava Paul Schrader conferendogli il Premio alla Carriera, il regista presentòil suo ultimo film, Il maestro giardiniere. Giunto solo un anno dopo, grazie alla casa di distribuzione Movies Inspired, nelle sale italiane.

Anche se non era nelle intenzioni originarie di Paul Schrader, Il maestro giardiniere segna il culmine di un trittico di film, iniziato nel 2017 con First Reformed – La creazione a rischio. Come per Il collezionista di carte (2021, presentato in anteprima internazionale ugualmente Venezia), Il maestro giardiniere è una nuova variazione di Schrader sul tema di “un uomo solo in una stanza”, in cui una figura solitaria attende un cambiamento, mentre combatte con il passato, nascondendosi dietro il lavoro.

Presentando il film al Lido, Paul Schrader aveva dichiarato:

Che sia un gigolo (American Gigolo, 1980), uno spacciatore (Lo spacciatore, 1992), un giocatore d’azzardo (Il collezionista di carte, 2021) o un giardiniere, sta tutto nel trovare una metafora potente. Il giardinaggio è particolarmente potente, sia in positivo che in negativo. Si parte dal giardinaggio, come Il collezionista di carte parte dal gioco d’azzardo. Mi sono chiesto: perché questo giardiniere è così isolato da tutti? Da lì ho pensato al programma protezione testimoni, e di nuovo una domanda: perché è nel programma? Così l’idea si è trasformata ed è diventata quella di un assassino al soldo dei suprematisti bianchi.

Con Il maestro giardiniere Paul Schrader mostra come il suo pensiero sia universale e i contrasti interiori che racconta siano propri anche del mondo femminile. In tal senso, il personaggio di Maya ha l’incredibile pregio (oltre alla sublime interpretazione della sua attrice) di arricchire il cinema di uno sceneggiatore e regista che, per fortuna per lo spettatore, non ha ancora deciso di appendere la cinepresa al chiodo.

Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Simone Soranna)

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, Il maestro giardiniere ha da subito ricevuto una positiva accoglienza critica da parte della stampa italiana. Adriano De Grandis, su Il Gazzettino, colloca il film all’interna della più recente produzione del regista: «Il maestro giardiniere chiude una trilogia recente, dopo First Reformed e Il collezionista di carte, ritornando ancora sui temi della colpa e della redenzione, qui incarnati da un maestro giardiniere (Joel Edgerton), dall’oscuro passato, svelato dai suoi tatuaggi, che deve insegnare il mestiere alla giovane Maya (Quintessa Swindell), pronipote della datrice di lavoro Norma (una glaciale e crudele Sigourney Weaver)».

Sulla stessa scia si inserisce Grazia Paganelli, la quale però su Duels ritrova alcune rime tematiche proprie del regista: «il film riporta Paul Schrader in quel cinema gelido, fatto di geometrie inquietanti, vuoti, silenzi, armonie, che nascondono, però, un fuoco mai spento, tenuto nascosto nell’apparente simmetria di un giardino perfetto, come quello che circonda la tenuta di Norma Haverhill».

Anche Daria Pomponio, su Quinlan, sottoscrive una coerenza autoriale al quale il film sembra rispondere. Afferma infatti la critica: «uno dei piaceri più comuni nella fruizione del cinema, e dell’audiovisivo in generale (pensiamo alla serialità), è la riconoscibilità di un canovaccio noto, di uno schema narrativo, che lo spettatore ama ritrovare, sempre rinnovato, in ogni sua nuova visione. Questo tipo di appagamento si può facilmente rinvenire nel cinema di Paul Schrader, appassionato cinefilo, abile sceneggiatore, arguto autore di un cinema che non dimentica mai di omaggiare i propri maestri (Bergman, Bresson, Ford, Dreyer) e di offrire una sempre nuova declinazione dei temi che più gli stanno a cuore: colpa, espiazione, redenzione».

Del medesimo avviso è anche Lorenzo Ciofani, che sulle pagine di La Rivista del Cinematografo afferma che il film conduce lo spettatore in «un mondo a parte. Il regista Paul Schrader costruisce microcosmi, percorsi di redenzione che nascono da luoghi circoscritti. Pensiamo al paese del pastore di First Reformed – La creazione a rischio, e adesso al giardino di Il maestro giardiniere, presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia. La natura è ancora una volta la via per riscoprirsi. Il protagonista ha un diario, dove annota i particolari relativi alla cura delle piante. Attraverso l’attenzione per l’esterno, ha raggiunto la sua armonia».

Anche Pietro Masciullo si sofferma su questo aspetto, provando a interpretare ulteriormente le immagini del film. Scrive così il critico di Sentieri Selvaggi: «ci sono giardini “formali”, “informali” e “selvaggi”. I primi sottomettono la natura a uno schema fisso inseguendo una perfetta simmetria; i secondi ridiscutono tale prospettiva integrandola romanticamente con i processi naturali; i terzi tendono invece ad azzerare ogni alterazione artificiale liberando definitivamente lo sguardo. In quest’articolata riflessione teorica che il giardiniere Narvel Roth (Joel Edgerton) ci presenta a inizio film, però, una sola certezza appare incontrovertibile: “è impossibile schematizzare la natura”».


di Joana Fresu de Azevedo
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