Foglie al vento

La recensione di Elisa Baldini, seguita dalla rassegna stampa a cura di Simone Soranna riguarda a Foglie al vento, di Aki Kaurismaki, Film della Critica per l'SNCCI.

Foglie al vento, di Aki Kaurismaki, distribuito da Lucky Red, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

«Nel suo stile classico, fuori dal tempo e dai tempi (moderni), il regista finlandese trova un barlume di speranza per la classe operaia, continuamente umiliata: bastano un uomo, una donna, e un cane protesi verso l’orizzonte. Il cinema di Aki Kaurismäki è fortunatamente una foglia ancora tenacemente attaccata all’albero. che esplora la solitudine con tenerezza e affetto».

La recensione
di Elisa Baldini

“Non cantare nulla. O magari “Paranoid.” “Preferisco una canzone romantica finlandese.” In questo scambio di battute tra Holappa, timido operaio con problemi di alcolismo ed il suo amico Huotari, compagno di pub e amante del karaoke, c’è già il nucleo poetico e di intenti di Foglie al vento, l’ultimo meraviglioso tassello della cosmogonia punk, proletaria e romantica di Aki Kaurismaki.

Nonostante la poesia di Prévert da cui prende ispirazione il titolo, Les feuilles mortes, parli di un amore oramai perduto, Foglie al vento è la storia dell’incontro tra due solitudini in un mondo che ce la mette tutta per rendere grigi e assetati come topi nel deserto, ma dove il demiurgo Aki è pronto a spargere, oggi più che mai, una manciata di speranza. Mentre  segue le tracce dell’amore tenero ed impacciato tra Holappa e Ansa, commessa di un supermercato che si rifiuta di gettare il cibo scaduto, Kaurismaki costruisce, ancora una volta, un universo a parte dove i colori, le luci, i suoni sono tutti al posto giusto, costringendo la brutalità del capitalismo e gli optional volgari della modernità aldilà delle tende, perché anche in un mondo brutto il poco che conta può essere bello.

Ma soprattutto, Foglie al vento è un film che maledice la guerra e esalta un’umanità così data per scontata da apparire démodé come un cellulare Nokia nel 2024 (questo l’anno sul calendario, giusto per ribadire che siamo nel presente e oltre, come se non bastassero le notizie dalla radio dei bombardamenti di Mariupol). Kaurismaki, usando le sole armi che conosce (la solidarietà tra gli ultimi, l’amicizia, la musica, il cinema, i cagnolini) ci tiene a dirci che la felicità non è un coup de chance, ma la ferma volontà di cambiare qualcosa, nonostante tutto si metta di traverso. Questo film è il regalo più fuori moda, e al contempo, più azzeccato che potesse farci.

Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Simone Soranna)

Presentato in Concorso al Festival di Cannes 2023, Foglie al vento ha da subito ricevuto una positiva accoglienza critica da parte della stampa italiana. Alessandro De Simone, su Ciak, sostiene che «il cinema di Aki Kaurismaki è unico al mondo. Soltanto questo pazzo finlandese riesce a raccontare un mondo depresso e in disfacimento attraverso colori pastello, scenografie essenziali e apparentemente arrangiate, una colonna sonora che spazia dalla mazurka finlandese alle affascinanti atmosfere elettroniche delle Maustetytöt, due attori che sembrano usciti dalla Hollywood dei tempi d’oro e un umorismo nei confronti della vita che fa bene all’anima». Dello stesso avviso è Giona Nazzaro, che sulle pagine di Film Tv estremizza ancora di più il discorso inserendo lo sguardo del regista a confronto con i giganti della Storia del cinema. Scrive infatti il critico: «forse Aki Kaurismäki, oggi, è l’unico regista europeo che potrebbe lavorare egualmente sia per la Shochiku di Ozu sia per la RKO. Il maestro finlandese – ostinatamente – fa cinema con le inquadrature, con un utilizzo essenziale della macchina da presa».

Anche Emanuela Martini, su Cineforum, prova a descrivere lo stile del film tramite confronti autorevoli, lodando l’esito raggiunto da Foglie al vento: «fate finta che Douglas Sirk abbia deciso di girare una delle sue strazianti storie d’amore come Breve incontro di David Lean, abbassando perciò radicalmente lo status dei suoi protagonisti e, soprattutto, smorzando i toni lussureggianti ed estremi dei suoi intrecci (ma non i colori). E che poi siano passati da lì, da quella storia di quiete solitudini e destini bastardi e occasioni mancate, anche l’etica di Bresson e l’estetica di Godard e il deadpan di Jim Jarmusch e la tenerezza di Chaplin. E che esista un regista (che nella sua carriera quarantennale non ha sbagliato un film) capace come pochissimi altri di mettere insieme e mescolare tutte queste (e molte altre) suggestioni cinematografiche senza perdere un briciolo della propria marcatissima personalità autoriale, senza sembrare uno che esibisce la propria cultura, senza dimenticare l’umanità dei suoi personaggi».

Insistendo nel cercare dei paragoni illustri, Aldo Spiniello di Sentieri Selvaggi riporta alla mente il cinema italiano, in particolare un passaggio che vede protagonista Troisi. Ecco cosa scrive il critico nella sua recensione al film: «in un magnifico momento di Scusate il ritardo, quando Troisi e Giuliana De Sio cercano di prepararsi un caffè a casa del professore, partito all’improvviso, si trovano a combattere con una macchinetta per una sola tazza. E Troisi nota come sia il più perfetto esempio di solitudine: non avere neanche la speranza che qualcuno ti venga a trovare. È una battuta che ritorna alla mente vedendo Foglie al vento, l’ultimo film di Aki Kaurismäki: la scena in cui Ansa, dopo aver invitato a cena Holappa, va a comprare un piatto e un altro paio di posate».

Massimo Causo si adopera nel lodare le dolci corde della pellicola. Scrive così su Duels: «sembra sempre più la dolce astrazione di se stesso, il cinema di Aki Kaurismaki, così spinto nella rarefazione ideale della sua visione del mondo. Eppure alla fine resta il cinema più concreto, reale, vero che si possa vedere, è una fiaba chapliniana ovviamente proletaria, ovviamente sbozzata sulle funzioni narrative e figurative, ovviamente dolce, languida, triste e felice allo stesso tempo… Pura materia kaurismakiana che torna a funzionare come fosse un refrain che si adora, capace a ogni ritorno di dirti qualcosa di nuovo e di autentico anche se non aggiunge troppo al tanto che ti ha già dato».


di Elisa Baldini
Condividi