Fela, il mio Dio vivente

La recensione di Fela, il mio Dio vivente, di Daniele Vicari, a cura di Ignazio Senatore.

Può un documentario raccontare la storia di un film mai realizzato? Questa è la scommessa di Daniele Vicari, che nel suo ultimo lavoro, grazie alla voce off di Claudio Santamaria, ci riporta indietro nel tempo, alle magiche atmosfere degli anni Ottanta.

Siamo nel 1984. L’eccentrico assessore Renato Nicolini chiede a Michele Avantario, filmmaker italiano e artista di video arte, di organizzare, per il Festival “Ballo, non solo”, il primo concerto in Italia di Fela Kuti, uno degli artisti africani più influenti di quegli anni. Inventore dei ritmi del genere musicale, denominato Afro-Beat, Fela mescola, infatti, jazz e riti afro. Giunto nella Capitale, con la sua numerosa band, il musicista è arrestato, perché in possesso di una montagna di marijuana. Avantario muove qualche leva e Fela ritorna in libertà. Spinto dall’idea di dirigere un film su di lui, il regista va a caccia di un doc, della durata di diverse ore, che i militari nigeriani avevano sequestrato perché consideravano Fela un personaggio influente e politicamente scomodo.

Dopo mille intoppi, Avantario trova il prezioso materiale, lo visiona e, volato in Nigeria, diventa l’unico bianco accettato nella comune di Fela. Ma il musicista tentenna, non ne vuole sapere del vecchio doc, e rimanda l’idea del film. Avantatrio s’immerge sempre più nella cultura africana, sposa una nigeriana, e scopre le doti magiche e quasi divine di Fela, che muore nell’agosto del ’97.

Del progetto mai realizzato, restano le immagini, girate dal filmaker italiano, del funerale del grande musicista. Il doc, ricco di filmati di repertorio, mostra anche (e soprattutto) come Fela, fosse un vero e proprio visionario, politicamente impegnato. Il suo sogno, infatti, era la costituzione di un’Africa Unita, una sorta di confederazione che aveva come obiettivo quello di ribellarsi allo strapotere delle multinazionali, che da sempre sfruttavano le risorse delle nazioni africane e detenevano il 70% del controllo dell’economia africana. Un film mai celebrativo che rispolvera un artista finito troppo presto nel dimenticatoio. Un unico neo; pochi i brani inseriti delle musiche di Fela.


di Ignazio Senatore
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