Eva e Adamo
Eva e Adamo come Donna e Uomo, come documento sulla coppia, come referto sul rapporto tra i due sessi, privilegiando apertamente il punto di vista di Eva. Eva e Adamo come ”opposizione” tra Eva e Adamo, come difficoltà di comunicare all’interno della coppia e, ancora, come incomprensione, non detto, bugie. Tre storie di donne che si raccontano nel documentario narrativo di Vittorio Moroni: la storia della giovane Deborah, con alle spalle un recente passato da hot-line girl televisiva e da attrice porno, che vive con Filippo e la loro bambina; quella dell’anziana e vispa scrittrice Erika, unita al senegalese Moussà, da cui la separano però molti anni di età; quella della dolce infermiera Veronica, sposata con Alberto, uomo costretto sulla carrozzella dalla sclerosi multipla, con il quale è riuscita anche ad avere dei figli. Le tre donne ci parlano dell’incontro con i loro uomini, dei loro sentimenti, delle loro gioie e dei loro drammi.
Affascina molto quest’opera di poco più di un’ora e un quarto; ed è senz’altro coraggiosa la scelta del regista che per parlare d’amore, tema tanto delicato quanto assai spesso volgarizzato, sceglie un’angolazione tutt’altro che convenzionale: quella di un tris di coppie inconsuete, quasi dei casi limite. Man mano che scorrono i minuti ci si rende conto, però, di come queste coppie, per quanto atipiche, si prestino perfettamente a offrire un ritratto “universale”, ampio e multicolore dell’amore, delle sue implicazioni e delle sue contraddizioni, delle sue difficoltà e delle sue sfaccettature.
Moroni si accosta alla materia trattata con garbo, senza nascondere la tenerezza che lo lega alle sue donne (lascia parlare anche gli uomini, è vero, ma forse non si fida troppo), le quali si fanno “narrazione”, diventano quasi personaggi, vere e proprie protagoniste della scena, ritratte per intero, impresse a tutto tondo sullo schermo. Moroni entra in simbiosi con loro, animato dal desiderio di ascoltarle, di registrarne quanto più possibile gli stati d’animo, le emozioni, ogni sfumatura, mantenendo anche nei frangenti più intimi un atteggiamento di profondo rispetto.
Adottando uno stile essenziale, misurato ed elegante (funzionale e significativo inoltre l’uso di alcune opere pittoriche di Peter Moon che vanno a inframmezzare le immagini), l’autore si pone al completo servizio delle sue “attrici”, assai diverse per esperienze di vita, età, stato sociale e retroterra culturale, ma che sembrano condividere una comune condizione esistenziale. La scelta del regista di non costruire tre blocchi distinti, ma di avvicendare e intrecciare la narrazione va proprio in questa direzione. Deborah, Erika e Veronica hanno un vissuto, un passato differenti (immagini di notturni spettacoli televisivi, di frammenti di film hard, fotografie e video amatoriali ce ne offrono un assaggio), ma il loro presente, in qualche modo, le unisce sotto il segno delle ansie e delle angosce per un futuro insicuro, che si ripresenta puntualmente ogni giorno. Gli episodi che vediamo, pur mantenendo una loro unicità, vengono raccordati, diventano parti di un discorso, aperto e problematico, denso di speranze quanto di paure, sull’amore e sulla vita. La storie di Deborah e Filippo, di Erika e Moussà, di Veronica e Alberto finiscono così con l’avvicinarsi, con il somigliarsi, e con il somigliare, in qualche modo, a quelle di tutti. Perché, in fondo, Eva e Adamo è un film su di noi.
di Leonardo Gregorio