Dopo mezzanotte

dopo mezzanotte

dopo mezzanotteDopo mezzanotte le storie sono come polvere. Anzi, sono polvere: minuscoli frammenti di un mondo, che si liberano nell’aria. Torino, città multiforme, nel film vive in una zona che non è né luce, né ombra, restituendo all’apparato urbano la giusta dignità. Al suo interno confluiscono, non si sa da dove, tre personaggi, fuori da qualsiasi schema: Martino, guardiano notturno della Mole Antonelliana, ora Museo permanente del Cinema, moderno Buster Keaton. Amanda, ragazza immersa in un mondo lavorativo sempre più globalizzato e precario, e Angelo, esperto ladro di automobili. Dopo mezzanotte riporta sullo schermo la grande sagacia e freschezza diDavide Ferrario. Il suo è un grande atto d’amore nei confronti del cinema, ma soprattutto dello spettatore che si trova immerso in uno spettacolo primigenio, dove ci si può specchiare con grande naturalezza.

I personaggi così diventano secondari, non spariscono ma si inglobano nella struttura fisiologica urbana, impressionata ad esempio nella pellicola, con una vecchia macchina da ripresa, per raccontare l’amore di Martino per Amanda per Angelo, per noi. Prima ancora del fotogramma, Davide Ferrario riprende l’archeologia dei sentimenti e delle (in)certezze, sottraendo a piccoli passi, la cecità nella quale lo spettatore in cento anni di cinema è stato abituato. Bisogna imparare dalle origini, bisogna ricorrere alle numerose astuzie nelle quali siamo stati allevati. Ma nel film accade qualcosa di più, quasi inaspettata ma necessaria: gli spazi angusti, seppur sicuri e meravigliosi, si aprono verso l’esterno, come una grande passione infiammabile in grado di bruciare e lasciare ferite. Così le immagini del film di Patrone, Il fuoco con Pina Menichelli e Febo Mari diventano il metaracconto del film, scandendo le varie fasi dei due giovani artisti. Martino e Angelo, ognuno a loro modo, vengono catturati dal fascino di Amanda, spingendosi in direzioni prima di allora inesplorate. Martino si apre come una pellicola vergine alla luce, trasformando la sua ossessione per il racconto in ossessione per la vita e l’amore concreto. Certo, veicolato dai personaggi che fin d’allora lo hanno forgiato (i divi del muto) e rinchiuso in un mutismo poco costruttivo. Mentre Angelo dal suo canto, inizia a capire ciò che si trova al di là del suo sogno di comprare una Jaguar nuova.

Torino dimostra per la prima volta di essere l’artefice di un destino da sempre lasciato nelle mani delle storie e dei personaggi, consegnando con il finale, quella sorta di epurazione equa e necessaria per continuare ad amare. Nel mezzo Amanda, significato e significante di tutto. Dopo mezzanotte è un felice esperimento di racconto cinematografico non convenzionale, ricco di suggestioni e spunti sui quali riflettere e creare. L’amore per il cinema non diventa così l’espressione di un mezzo culturale prossimo alla realtà, ma di una realtà che in alcune fasi è prossima alla finzione, chiusa in tante piccole pizze di una polverosa cineteca, che devono per forza essere (ri)viste. Rimaniamo comunque in attesa di vedere fra qualche mese, il film che Ferrario ha finito di girare sempre a Torino con Luciana Littizzetto, Se devo essere sincera.


di Davide Zanza
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