Dirty Difficult Dangerous

La recensione di Dirty Difficult Dangerous, di Wissam Charaf, a cura di Ignazio Senatore.

Beirut, al confine tra Libano e Siria. Mehdia (Clara Couturet), immigrata etiope, trova lavoro a casa di Leila come badante di Ibrahim, un anziano affetto dal morbo di Alzheimer; Ahmed (Ziad Jallad), il suo ragazzo, un rifugiato clandestino siriano, prova a sbarcare il lunario vendendo rame e metalli. Il vecchietto è sempre più confuso e agitato e Mehdia fa fatica a contenere i suoi comportamenti violenti e bizzarri. Un giorno è con Ahmed e fa l’amore a casa di Leila. Scoperta, è denunciata alla polizia perché Ahmed è siriano. Arrestata, con la minaccia di essere rispedita in Etiopia, Mehdia è costretta a promettere al poliziotto che non vedrà più l’amato. Ritornata a prendersi cura di Ibrahim, è affiancata da Koussuma, una ragazza del Bangladesh che Ibrahim, sempre più ingestibile, tenta di strangolare. Esasperata, Mehdia fugge e raggiunge Ahmed, che le svela che, dopo lo scoppio di una bomba, è affetto da una misteriosa malattia prodotta dal metallo contenuto nel suo corpo. Dopo una serie di colpi di scena, nel finale, Ahmed e Mehdia raggiungono una nave che li porterà in Turchia.

Due giovani che si amano ma devono lottare contro mille avversità, dei corpi dilaniati da armi chimiche e dallo scoppio delle bombe, dei popoli che sopravvivono miracolosamente alla miseria, ma da secoli in lotta tra loro. C’è tutto questo in Dirty Difficult Dangerous, opera seconda del regista libanese Wissam Charaf. Un film che non scade nel sentimentalismo e che mostra come, anche in nazioni lacerate da guerre millenarie, alberga forte l’intolleranza e la discriminazione per chi è emigrato. Ahmed accetta senza disperarsi di essere vittima di misteriosa malattia ma, non piega la testa, e nella speranza di trovare con Mehdia un posto nel mondo, la trascina con sé nel suo viaggio verso un futuro carico di inside e incertezze. La narrazione, pacata e senza strappi, procede fino al poetico finale, che regala un pizzico di speranza ai protagonisti, ma è venato da un tocco grottesco; mentre i due innamorati si avviano alla nave, il braccio metallico di Ahmed, si stacca dal corpo. Lui, dopo averlo raccolto da terra, lo appoggia sulla sua spalla e, come se niente fosse, procede imperterrito la sua marcia.


di Ignazio Senatore
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