Denti da squalo
La recensione di Denti da squalo, di Davide Gentile, a cura di Cristiana Paternò.
Un romanzo di formazione a tratti tenero, a tratti duro, un’avventura con al centro il rapporto tra un ragazzino solo e un animale feroce e sanguinario ma intrappolato nello spazio troppo angusto di una piscina. Denti da squalo rinnova l’appuntamento con il team produttivo di due film di successo come Lo chiamavano Jeeg Robot e Freaks Out sperando ovviamente di replicare il buon risultato in una stagione estiva che quest’anno si pretende fruttuosa e prolungata.
L’opera prima di Davide Gentile, classe 1985, già autore di short pubblicitari e del pluripremiato cortometraggio Food for Thought, è la storia del tredicenne Walter (l’interessante esordiente Tiziano Menichelli, dal fisico esile e dallo sguardo intenso) che ha appena perso il papà (Claudio Santamaria onnipresente nei flash e nelle fantasie del ragazzino) e mal sopporta le apprensioni della mamma (Virginia Raffaele in inedito ruolo drammatico). La piccola famiglia vive sul Litorale romano, in una terra di nessuno dominata da piccoli e grandi delinquenti, squali appunto: un’ambientazione che rimanda a tanto cinema italiano recente più o meno d’autore, a partire da Matteo Garrone.
Ma uno squalo vero – famelico e inquietante – è prigioniero della piscina di una grande villa di proprietà del Corsaro (Edoardo Pesce, che ci sembra ormai un po’ intrappolato nei ruoli di eterno cattivo), malavitoso della zona, sparito dalla circolazione. Ed è qui che Walter incontra il poco più grande Carlo (Stefano Rosci) con cui imbastisce un’amicizia che potrebbe portarlo fuori strada. I due si prendono cura dello squalo, procurandogli del cibo, e irrobustiscono un ruolo di “duri” nel gruppo dei quasi coetanei già proiettato nel crimine di piccolo cabotaggio. Il film procede spedito alternando realismo e momenti di sospensione onirica, che ci portano nell’immaginazione del giovanissimo protagonista alla ricerca di modelli per crescere.
La sceneggiatura è firmata da Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, vincitori del Premio Solinas, mentre del gruppo dei produttori fa parte Gabriele Mainetti. Tra Animatronic e buoni sentimenti, Denti da squalo prova ad immergersi nelle acque torbide del coming of age criminale, mantenendosi a suo agio in una dimensione di favola noir dove l’infanzia è troppo breve e fragile e deve essere difesa dalle incursioni di modelli adulti deformati e deformanti, anzi in questo caso divoranti.
di Cristiana Paternò