Confidenze troppo intime
Confidenze troppo intime di Patrice Leconte si apre come una qualsiasi commedia degli equivoci (una donna irrompe nello studio di un grigio commercialista, confondendolo con il vicino psicoanalista), per trasformarsi, strada facendo, in una pellicola che coniuga,alla perfezione, ironia e presa di coscienza, leggerezza e profondità.
Come accadeva nel precedente L’uomo del treno, anche qui, due personaggi opposti e complementari si incontrano casualmente e dalla reciproca conoscenza escono, entrambi, rigenerati.
William Faber (Fabrice Luchini), professionista del fisco, maniaco dell’ordine e abituato a tener tutto sotto controllo, riesce, finalmente, ad abbandonare la casa-studio, lasciatagli in eredità dal padre e a trasferirsi; Anna (Sandrine Bonnaire), giovane donna in crisi, lascia il marito e recupera l’antica passione per la danza.
Probabilmente, anche il nervoso paziente del vero psicoanalista, dopo l’incontro con Anna, abbandonerà l’analisi e comincerà eroicamente ad affrontare, da solo, ascensori ed incognite varie della vita.
Nonostante si tratti di un film girato per lo più in interni e in cui non succede, esteriormente, nulla, lo spettatore non si annoia mai, grazie a dialoghi sapientemente studiati, in cui ogni parola è quella giusta, e al talento degli attori protagonisti, ai quali non si può non affezionarsi.
Unico neo della sceneggiatura è, forse, il personaggio del marito di lei: nel momento in cui il film prende, solo per poco, la piega di un thriller sentimentale, tipo L’odore del sangue di Martone, si avverte una sorta di stonatura nell’equilibrio della vicenda narrata.
Complessivamente, comunque, il film funziona e regala momenti di raro divertimento, nonché un monito da tenere sempre presente: “Se non c’è più passione, cosa resta?”, come viene detto esplicitamente nella soap televisiva, con padre Joseph e Samantha, che fa da contrappunto alla storia di William e Anna.
di Mariella Cruciani