Collateral

collateral

collateralAd un orario impossibile, per niente stanco e con un compito ben preciso da assolvere, il diavolo arriva in una notturna L.A. in un giorno qualsiasi, in un taxi qualsiasi, a caccia di persone qualsiasi… Indossa un impeccabile vestito che sembra appena uscito da una costosa sartoria, i colori perfettamente abbinati ai suoi capelli brizzolati, alla sua sfoltita barba sale e pepe curatissima. Ad accompagnarlo nella sua tragica notte sarà un’anima innocente, profondamente disillusa ma speranzosa, che lui cercherà in tutti i modi, anche disperatamente, di corrompere.

Il diavolo in questione è Vincent (Tom Cruise) uno spietato killer che, pistola alla mano, dovrà fa fuori cinque personaggi chiave in un inchiesta sul traffico di droga possibilmente senza dare nell’occhio, tutto in una notte. L’anima innocente è Max (Jamie Foxx) tassista di colore che preferisce il turno di notte e che sogna di poter guidare delle Rolls Royce per clienti facoltosi. E’ la notte fortunata per Vincent: all’apice della sua carriera di sterminatore a pagamento, accompagnato da un nero gentile che non è in vena di domande… è la notte fortunata per Max, che scorta un distinto signore bianco che gli ha pagato una cifra esorbitante solo per scorrazzarlo qua e la per L.A. Eppure qualcosa va storto, se ne rendono conto entrambi: il primo quando scopre che non è poi così tanto facile ammazzare cinque personalità di spicco nella città degli angeli, il secondo quando attonito osserva il cadavere di un uomo cadere davanti alla sua auto dal balcone dell’appartamento dove pochi minuti prima era appena entrato Vincent. Dopo tutto ciò si gioca a carte scoperte, si mettono a paragone due modi di vivere nella grande metropoli, si da libero spazio al grande burattinaio Michael Mann che dall’alto, con la sua macchina da presa rigorosamente digitale, manovra i fili di un thriller perfetto, dal sapore aspro del noir.

Più vicino che mai a Heat – La Sfida ( 1996), con una fotografia esemplare, che però non addolcisce affatto, non “illumina”, il nero delle anime di cui narra, ne la sola notte in cui è ambientato: questo splendido Collateral, diretto da un Micheal Mann in forma smagliante, è forse uno dei più veritieri ritratti dell’America di oggi. Girato con una tecnica ineccepibile, sulla base di una sceneggiatura abilmente scritta da Stuart Beattie, le immagini sono per l’ottanta per cento filmate in digitale, con una resa video che rende giustizia e assicura scorrevolezza ad un autore ormai di culto come Mann. I volti dei suoi attori, Tom Cruise su tutti, sono la vera chiave per leggere Collateral, questi visi profondamente diversi fra loro che si mischiano tra la folla fino a diventare un tutt’uno, che sono riflessi malamente sul vetro divisorio di un taxi o incredibilmente paragonati a quelli dei coyote che in piena notte camminano per una strada periferica della città. Attraverso questo collage di facce, di occhi e coscienze intimorite dalla notte e dagli spari, il regista decide di dotare Vincent di un’incredibile capacità oratoria che gli permetterà, delitto dopo delitto, di fuorviare Max al punto tale da fargli credere che lui è l’angelo della morte sceso nella città per spazzare via un po’ di immondizia. Come ogni noir che si rispetti, Collateral è cinico quanto basta per tinteggiare di poesia lo sporco lavoro del killer… per metterlo a confronto con le persone comuni e quindi tessere le lodi dell’antieroe melanconico per eccellenza, del villain tenebroso. E’ difficile non rimanere sedotti da una delle migliori interpretazioni di Tom Cruise, che smessi i panni del samurai, del bravo ragazzo americano della porta accanto, è spaventosamente convincente, lucido e crudele come non mai, in questa sua prima interpretazione da cattivo. Vincent non ce la farà a far condividere parte del suo inferno a Max. Mandato letteralmente a quel paese, il killer dovrà chinare il capo davanti a quella vocina interiore altresì chiamata coscienza, impersonificata da un semplice tassista con poche speranze ma ancora qualche sogno da coltivare. Quale è la figura più malinconica, i vincitori e i vinti? Può Max entrare nelle simpatie dello spettatore senza essere il complice diretto di Vincent? Può questo dualismo dividere il pubblico? Ebbene se queste due cose si sono verificate a Venezia, dove il film è stato presentato in anteprima, così come in mille altri cinema vuol dire che il burattinaio Mann ha vinto ancora la sua scommessa: riuscire a proporre allo spettatore la sua personale visione del cinema come strumento per bypassare la società, riuscendo sempre a intravedere quell’atavico conflitto tra il bene e il male che domina ogni umana facezia.


di Armando As Chianese
Condividi

di Armando As Chianese
Condividi