Chimera
Chimera di Pappi Corsicato è un’opera “altra” rispetto al panorama cinematografico contemporaneo, italiano e non.
Il film del regista napoletano provoca, infatti, nello spettatore una sorta di straniamento: ogni sequenza ha un significato simbolico rispetto allo stato d’animo dei protagonisti ma gli avvenimenti, i fatti sono del tutto ininfluenti.
Corsicato si diverte a giocare con i generi, in special modo con il noir e il melodramma, e utilizza scene e costumi fortemente espressivi per rappresentare la crisi di una giovane coppia.
In realtà, Emma e Sal, più che dei personaggi veri e propri, costituiscono degli archetipi, delle figure astratte che vivono sulla propria pelle la malattia della non comunicazione.
Si tratta di un uomo e una donna del tutto scollegati dalle proprie emozioni: ciò fa sì che non esistano dei dialoghi reali. Per parlare, i due dovrebbero avere consapevolezza di se stessi: la condizione esistenziale in cui versano consente, invece, loro soltanto la recita, la finzione.
E’, forse, proprio questo l’aspetto più interessante e, per certi versi, più divertente dell’intera pellicola: l’assoluta incongruenza tra gesti e parole degli attori. Esemplare, in tal senso, la sequenza in cui Emma, dopo essere stata oggetto di richieste esplicite da parte dell’imprenditore impersonato da Franco Nero, minaccia di andarsene e, contemporaneamente, si slaccia il vestito. Esattamente come in un qualsiasi film porno, in cui la trama non conta ed è solo un pretesto. Anche a Corsicato non importa raccontare una storia, bensì rendere, attraverso l’ironia e il paradosso, l’illusione, parziale o totale, intenzionale o inconscia, che accompagna sempre il sentimento amoroso.
La Chimera del titolo, il desiderio che esista un rapporto d’amore che ci completi, è incarnata dalla figura femminile del film finanche nel nome, Emma, che rimanda, chiaramente, alla Bovary di Flaubert o, in ambito cinematografico, alla “bovarinha” di Vale Abraao di Manoel De Oliveira. Come le eroine omonime, anche Emma di Corsicato insegue il suo sogno, pur sapendo, come dice lei stessa, che, ad un certo punto, lui poteva essere anche qualcun altro.
Non diversamente si comporta Sal, il quale chiede scientemente di essere illuso. Insomma, noi crediamo solo in ciò che vogliamo e così siamo pronti a credere anche al falso se ci piace di più.
E’ questa la morale di Chimera, un film anomalo e intrigante che sposta sul piano formale la finzione che caratterizza, nella sostanza, la maggior parte dei rapporti umani. Capita, così, di sentire Iaia Forte, nei panni di Emma, ripetere per ben tre volte la stessa battuta, in cerca del tono giusto, o accusare l’altro di recitare male.
Analogamente, il povero Sal, affidato ad un tenebroso Tommaso Ragno, si ostina a provocare estemporanei incendi, metafora dolorosa di passioni brucianti non vissute.
In definitiva, Corsicato sembra realizzare una versione personalissima e post-moderna di L’eclisse di Michelangelo Antonioni. Con una differenza essenziale: se nel film del 1962, entrambi i personaggi disertano l’appuntamento finale, nella pellicola di Corsicato, Emma e Sal si ritrovano, alla fine, insieme, proprio come nella sequenza d’apertura. Protagonisti, forse, di un nuovo inizio o, più facilmente, vittime della coazione a ripetere, prigionieri di un “chimerico” gioco delle parti del quale non si riesce a fare a meno.
di Mariella Cruciani