Caos calmo
“Bisogna dirsele, le cose” : è questa la conclusione alla quale perviene Pietro Paladini (Nanni Moretti), protagonista di Caos calmo di Antonello Grimaldi, alla fine dell’elaborazione del lutto per la moglie Lara. Paladini, uomo di successo, dirigente di un’azienda televisiva, si ritrova, dopo la morte improvvisa della compagna, a fare l’elenco delle cose che non sapeva di lei e finisce per sedersi stabilmente su una panchina di fronte alla scuola della figlia Claudia (Blu Yoshimi),ad aspettare un dolore che non arriva.
Per lo spettatore non è facile capire se Pietro amasse o meno la moglie: quel che è certo è che si è in presenza di un uomo abituato a tenere a bada rigorosamente le proprie emozioni, se non, addirittura, a cancellarle. Paladini inganna il tempo, e il dolore, facendo mentalmente continue liste: delle linee aeree con cui ha volato, delle case in cui ha abitato, delle cose che non riesce a guardare. Un modo, come un altro, per tenere la testa impegnata; analogamente, un simpatico vedovo che invita il protagonista a pranzo, confessa di aver passato il tempo successivo alla scomparsa della propria moglie a spazzare.
I sentimenti, gli stati d’animo, il caos calmo che abita tutti noi non sono prevedibili e ciascuno può riservare sorprese, a se stesso e agli altri. Inattesa, brusca, spiazzante è, certamente, la scena fatale su cui si sono sbizzarriti i media, prima ancora dell’uscita del film: quella dell’incontro erotico tra Paladini e la donna (Isabella Ferrari) da lui, precedentemente, salvata in mare, proprio nel momento in cui la moglie, a casa, stava morendo. Dovrebbe essere la scena chiave, quella della rinascita, ma non convince: senza voler scomodare Bazin e le sue teorie su ciò che dovrebbe essere tabù sullo schermo, basti dire che se tale scena fosse sta meno esplicita e fosse durata meno, forse, avrebbe centrato meglio l’obiettivo. Chiarito ciò, va aggiunto che il film non si esaurisce qui: intorno al personaggio di Paladini ruotano numerose figure, rappresentanti di altrettanti universi. C’è il fascinoso fratello Carlo (Alessandro Gassman) che lavora nel mondo della moda, l’irrequieta cognata Marta (Valeria Golino) che si muove nel campo dello spettacolo, i colleghi del protagonista (Silvio Orlando e Charles Berling), il magnate Steiner (Roman Polanski).
Tutto e tutti sono, sempre e comunque, filtrati dallo sguardo del personaggio principale che non è presente, fisicamente, solo in due scene (la cena di gala e la scena di Venezia) dell’intero film. In altre parole, Moretti e il suo Pietro Paladini, oltre a campeggiare sulla locandina, dominano incontrastati la pellicola, da una parte, vampirizzandola, dall’altra, assicurando spessore e delicatezza ai temi trattati: la reversibilità (“i topi non avevano nipoti”) e l’irreversibilità delle umane faccende, l’uso del tempo, i complicati rapporti con noi stessi e con i nostri simili.
Mariella Cruciani
NOTE CRITICHE di Piero Spila
Ci sono film che senza volerlo vanno oltre se stessi e finiscono col rappresentare il sentimento del tempo. E’ un incrocio fortunato, uno stato di grazia raro e prezioso che tocca ad esempio un film come Caos calmo di Antonello Grimaldi, che parlando di cose private e privatissime (un lutto doloroso, gli affetti familiari, gli intrighi di un posto di lavoro) riesce in realtà a parlare di temi generali e all’ordine del giorno, a realizzare un formidabile instant-movie sull’impasse emotivo e politico che vive il paese, sul disagio, il senso di rifiuto e la voglia di fuga dei nostri giorni.
Pietro Paladini, il protagonista del film (Nanni Moretti), ha una moglie che forse non ama, svolge un lavoro senza passione, frequenta parenti, amici e colleghi con distacco, quasi con fastidio. Più una difesa a oltranza che un atto di arroganza, più un istinto di sopravvivenza che una manifestazione di egoismo. A difenderlo è solo la routine, la frenesia degli impegni, l’inconsistenza di certi rapporti umani; ma tutto questo improvvisamente viene interrotto dalla tragedia, da un colpo di fulmine che lo costringe alla crisi, a fare i conti con i ricordi e i sensi di colpa. Pietro si scopre indifeso perché comincia a guardare in se stesso, a misurare il vuoto con cui convive, e nel farlo si scopre incapace persino di soffrire, il sentimento più umano che potrebbe aiutarlo e invece non arriva. Non si dà pace e rispecchia il suo stato con l’apparente serenità della figlia. “Bisogna fare attenzione, però, è un equilibrio sottile” continua a ripetere, soprattutto a se stesso, e invece no, la vita continua a girare con le modalità e la forza prorompente di sempre. Messosi fuori dal gioco, seduto su una panchina, Pietro crea attorno a sé una specie di vortice impazzito, appunto il “caos calmo” del titolo, e scopre, messo in scena da chi continua imperterrito a partecipare alla corsa, quello che finora non ha avuto modo di vedere (nel piccolo della sua famiglia come nella grande dimensione del business internazionale): nevrosi, gelosie meschine, tradimenti, infelicità. Solo una parentesi, però, perché alla fine il film si chiude com’è naturale che fosse: nulla sembra cambiato e tutto è stato rimesso in gioco.
Antonello Grimaldi, regista, e Nanni Moretti, sceneggiatore e interprete, padroneggiano con mano leggera una materia per molti aspetti incandescente, perché tocca insieme il profondo dei sentimenti e l’insensato cinismo delle regole che governano il mondo. Nel particolare c’è qualcosa che sembra fuori registro (certi flashback troppo didascalici, certi tic troppo compiaciuti, certi personaggi tirati un po’ via), ma nel complesso Caos calmo è un film importante e di impatto potente e generoso.
Piero Spila
di Mariella Cruciani