Cannes 2022: Corsage (di Marie Kreutzer) e Romy, femme libre (di Lucie Cariès)

Da Cannes 2022, Paola Casella mette a confronto la Sissi di Vicky Krieps in CORSAGE di Marie Kreutzer e Romy Schneider in ROMY, FEMME LIBRE di Lucie Cariès.

La principessa Sissi sorride, sorride sempre. È il sorriso luminoso, per non dire accecante, di una Romy Schneider 16enne che grazie a questo ruolo, interpretato in tre film uno dietro l’altro, raggiunge la celebrità internazionale. Ma il documentario Romy, femme libre di Lucie Cariès, nella sezione dedicata ai doc sul cinema di Cannes Classics, mostra come quel sorriso fosse una maschera della quale la giovanissima attrice avrebbe cercato presto di liberarsi, rifiutando una cifra spropositata per interpretare il quarto film della saga. E si spinge oltre, rivelando come quel sorriso stereotipato fosse stato il modo in cui Schneider aveva a lungo cercato di farsi accettare, in primis da una madre attrice che vedeva in lei la possibilità di ridare fiato alla sua carriera languente: perché per una donna di una certa età i ruoli cominciavano a mancare.

L’imperatrice Elisabetta d’Austria, detta Sissi, non sorride più. Ha appena compiuto 40 anni, e la sua leggendaria bellezza sta cominciando ad appannarsi. Lei sa che tutta l’attenzione e ammirazione di cui è stata circondata sono destinate a svanire: perché una donna di mezza età (anzi, per l’epoca già alla terza) non conta più niente, anche se possiede ancora l’enorme potere a lei conferito dal titolo (del marito). Nient’altro le è stato consentito: nessuna capacità decisionale o progettuale, nessun incarico di rilievo oltre alla presenza alle cerimonie ufficiali, dove finge svenimenti per sottrarsi alla noia e al peso della forma.

Vicky Krieps in Corsage di Marie Kreutzer, che concorre a Cannes nella sezione Un Certain Regard, getta la maschera della Sissi adolescente e spensierata come Romy Schneider, sentendosi più affine alle donne ricoverate in manicomio – perché hanno commesso adulterio, o perché non si danno pace di aver perso un figlio, o infine perché ogni loro dissenso è stato etichettato come isterico – che alle figure algide dei ritratti di corte. Il corsetto le toglie il respiro e le assottiglia la vita, le fughe fuori dal palazzo, con uomini che di fatto non la vedono tanto quanto il marito fedifrago, non servono a placare quell’irrequietezza che, in gioventù, era stata accettata come adorabile impulsività: la stessa che aveva fatto amare Romy Schneider.

Cariès e Kreutzer raccontano la difficoltà di farsi accettare per quello che si è, difetti compresi, da parte di due donne, una delle quali ha interpretato l’altra in un’incarnazione cinematografica precedente. Romy Schneider si trasforma davanti ai nostri occhi mentre si racconta nel documentario che porta il suo nome: il sorriso dell’infanzia e dell’adolescenza a poco a poco lascia il posto a quello malinconico che la accompagnerà fino alla morte prematura. Persino la sua voce cambia, da garrula e squillante a roca e profonda, complici le tante sigarette e le tante delusioni. Ma la donna e l’attrice appare sempre più consapevole via via che il documentario la racconta attraverso le interviste e i ruoli scelti, invece che subìti, sempre più abile nel rimandare al mittente le domande scomode degli intervistatori, sempre meno interessata ad ottenere l’approvazione del pubblico attraverso la maschera arrendevole, ammiccante, eternamente disponibile che andava per la maggiore durante tutto l’arco della sua carriera.

Allo stesso modo Krieps recita senza trucco mostrando la durezza del viso di una Sissi in lotta con la propria immagine, pronta a tagliare gli iconici capelli interminabili, a fare diete per raggiungere un peso evanescente, a farsi fare iniezioni di eroina che il medico di corte le ha consigliato per “calmare i nervi”. E alla fine la Sissi 40enne si lancerà in un ballo liberatorio come la Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, gettando alle ortiche ogni compostezza e ogni cautela. Romy, femme libre e Corsageraccontano la stessa storia attraverso la stessa persona, ed è la storia di una società patriarcale che toglieva ogni possibilità di autodeterminazione alle donne, anche quelle famose, anche quelle potenti, chiedendo loro di barattare la propria essenza per ottenere amore, popolarità e successo. E magari fosse solo storia passata.


di Paola Casella
Condividi