Bella e perduta
Al centro della “terra dei fuochi” un gioiello settecentesco, la reggia borbonica di Carditello, versa nell’incuria più totale, preda di devastazioni e saccheggi. Il pastore Tommaso Cestrone, poi chiamato l’Angelo di Carditello, decide di salvare, per quel che può e a spese proprie, il luogo in rovina: ne diventa il custode, combattendo ogni giorno una guerra silenziosa con chi, tutto attorno, inquina e distrugge. Ma il suo coraggio disturba chi pretende che quella terra resti una palude di degrado contaminata da veleni mortiferi: così il generoso e tenace pastore subisce continui atti intimidatori, minacce e violenze. La sua è una lotta solitaria e disperata, che nasce spontaneamente dall’amore per una bellezza purtroppo violata e deturpata, bellezza che non appartiene solo alla reggia ma a quell’intera campagna che soffre.
Questo il nucleo attorno al quale il casertano Pietro Marcello sta impostando un documentario quando il progetto si interrompe bruscamente per la morte inaspettata di Tommaso, la notte di Natale del 2013. Il regista allora trasforma il prezioso materiale girato fino a quel momento in una favola surreale che cuce assieme testimonianze documentarie e divagazioni oniriche, politica e poesia, attualità e visioni magico-fiabesche.
Prima di morire Tommaso aveva trovato un piccolo bufalo abbandonato, e lo aveva portato con sé nella reggia e nutrito. La crudele prassi infatti vuole che i maschi (poiché non danno latte) vengano strappati alle madri appena nati e lasciati a morire di inedia in mezzo ai campi.
E’ qui che nelle pieghe del racconto si innesta la fiaba: da un altrove ultraterreno fatto di burocrazie misteriose scende sulla terra un pulcinella, mediatore tra gli uomini e il cielo, con il compito di salvare Sarchiapone (questo il nome del bufalotto) – rimasto senza l’amato padrone – dal macello.
E’ proprio al bufalo che il regista dedica numerose fascinose soggettive, spesso dense di inquietudine. Ed è la voce dell’animale – che ha avuto il dono della parola proprio per raccontare questa storia – che guida lo spettatore in questa favola spaventosa e bellissima, tutta risolta in un incantevole afflato visionario. Marcello compie un piccolo miracolo nel far coesistere meravigliosamente elementi tanto diversi: brani di documentario e frammenti di sogni, camorra, inquinamento, tumori, ma anche alberi e animali prodigiosi, e luoghi sospesi e claustrofobici abitati solo dalle tante copie di un’unica maschera: pulcinella.
Se tutto questo funziona è perché il discorso entro cui il regista amalgama i vari elementi è uno solo, coerente e necessario: la denuncia della barbarie dell’uomo che uccide la bellezza, sevizia gli animali (meri anelli di una catena di produzione), corrompe la natura e nell’ottica del profitto annienta i propri simili. Dappertutto, silenzio e indifferenza. Ma nel mezzo della desolazione, la macchina da presa rintraccia i barlumi di una muta resistenza: la meravigliosa reggia bella e perduta, senza più i boschi attorno eppure così maestosa sulle distese verdi della campagna tristemente avvelenata, e la generosità di Tommaso, che da sola sembra riscattare la follia, la stupidità e la ferocia collettive. Gli alberi, il mare, le colline, gli occhi dolci degli animali: dentro al nostro mondo piagato e infetto Marcello legge un altro mondo, che risplende, e che dell’uomo può fare a meno.
Libero, immaginifico e arcano come un sogno, ma profondamente ancorato alla terra e alla storia, Bella e perduta è uno dei migliori film italiani degli ultimi anni.
Trama
Tommaso è un pastore che a spese proprie tenta, con ostinazione e tenacia, di salvaguardare la Reggia di Carditello, gioiello settecentesco che versa nell’abbandono più totale. Quando il generoso pastore muore, un misterioso Pulcinella mediatore tra mondo terreno e ultraterreno arriva per prendersi cura di Sarchiapone, un piccolo bufalo destinato a morire che Tommaso, invece, aveva deciso di salvare.
di Arianna Pagliara