Alle cinque della sera
Come spettatori a volte, ci troviamo pienamente spiazzati, di fronte a pellicole che racchiudono dinamiche produttive e sociali diverse da quelle ‘occidentali’. Basta dare un’occhiata alla prima scena del film, che paradossalmente, ci porta già all’interno di una dimensione apocalittica, senza lasciar spazio ad alcuna speranza. Kabul, dopoguerra, oggi. Attorno alla città solo desolazione, mentre una famiglia composta da padre, figlia, nuora e nipote, vagano con il loro carretto alla disperata ricerca di una casa e di in figlio/fratello/marito, che non troveranno mai. Il dramma, quello reale, emerge, fino a travolgerci.
Le parole della ragazza, che recita solo una parte di una poesia di Gabriel Garcia Lorca, in maniera ridondante, chiude quindi il significato del film, già prima di partire. Con Alle cinque della sera Samira Makhmalbaf firma la sua terza regia, con un occhio attento e vigile nei confronti dei cambiamenti sociali della martoriata Afganistan. Il suo è un racconto urticante, una cinetestimonianza che fa dimenticare una certa monotonia nella direzione della scena. Il tessuto narrativo del film si spinge all’interno di quelle che erano o sono, da una parte le vecchie posizioni politico/sociali (il padre), dall’altra le nuove (la figlia). In mezzo poi, troviamo come risultante, il punto di vista delle vittime di quell’assurda guerra (la sorella).
Makhmalbaf proietta la tragedia in questi tre corpi devastandoli dall’interno, proprio perché nessuna di queste posizioni, sembra poter risolvere il conflitto. Anche quella che può apparire la più innovativa, dedita al cambiamento radicale degli usi e dei costumi, quella che vorrebbe la donna al vertice del potere politico afgano, si dimostra la strada meno efficace e utopica. Lo spazio dei cambiamenti è un luogo nel quale le energie devono radicarsi, e stratificandosi, rinnovare ciò che l’occidente ha distrutto. Non esiste nessuna retorica, solo una partecipata testimonianza di solidarietà che si trasforma in un affronto nei confronti delle dinamiche che portano un paese verso la rovina.
di Davide Zanza