Agora
Arriva finalmente in Italia il film di Alejandro Amenabar presentato l’anno scorso a Cannes e dedicato alla figura di Ipazia, filosofa e scienziata, vissuta nel IV secolo dopo Cristo ad Alessandria d’Egitto e uccisa barbaramente da estremisti cristiani. Agora esce accompagnato da una scia di polemiche, anche se il regista spagnolo di origine cilena (celebre per The Others e Mare dentro) ha voluto precisare che il suo non è un film “anticristiano”, ma è contro ogni forma di intolleranza. Amenabar ricostruisce un episodio storico poco noto, un momento oscuro della storia del cristianesimo, religione in quel momento emergente e già destinata a diventare culto di massa.
Ipazia cresce dedita agli studi e alla libertà personale, diventa docente e maestra di vita, rifiuta l’amore, non si converte al cristianesimo: è cresciuta con la religione pagana, ma crede soprattutto nella filosofia. Attorno a lei il mondo sta cambiando, una massa di poveri e schiavi sta aderendo in massa al cristianesimo e cresce l’odio verso dei e simboli pagani, compresa la biblioteca del Serapeo, culla dell’antico sapere. Ipazia cerca di resistere, ma viene schiacciata dall’odio implacabile del vescovo Cirillo (poi venerato come santo e dottore della Chiesa).
Amenabar ricostruisce con drammatica efficacia il clima di intolleranza religiosa che travolge libri e persone: alcune scene sono un pugno nello stomaco e la distruzione della biblioteca è resa con straordinaria potenza. Sono sicuramente voluti i paralleli con il mondo attuali, ancora devastato da scontri fra religioni e culture diverse. I cristiani del film evocano, anche visivamente, i talebani di oggi. Il modo in cui Ipazia, il padre e i suoi allievi tentano di salvare i volumi minacciati e di mettere un freno all’intolleranza ha qualcosa di grande e commovente. Il finale è forte e memorabile, anche se Amenabar “regala”a Ipazia una morte tragica ma assai meno crudele di quanto fu nella realtà: un modo forse per addolcire un film forte e duro. Non mancano i difetti, anzi: il tono è pedagogico e lo stile nella prima parte è ridondante, da “sceneggiatone” con cast internazionale. La ricostruzione di Alessandria d’Egitto è elegante ma artificiosa, non si sfugge all’effetto peplum anni Cinquanta. Invece è tutto sommato indovinata – anche se un po’ “didattica” – la scelta di presentare Ipazia come anticipatrice della moderna teoria eliocentrica (in realtà già delineata nell’antichità da Aristarco di Samo): si tratta solo di una speculazione del regista – perché in realtà pochissimo – si sa delle ricerche della scienziata), ma che consente di rendere più avvincente e comprensibile la parte astronomica e di legarla più direttamente al dibattito tra fede e scienza, diventato poi centrale con Galileo.
In definitiva Agora, anche se non è tra le opere più riuscite del giovane e talentuoso regista, resta un film da vedere: perché vi circolano idee, emozioni, coraggio, vitalità. Nel cast, oltre a Rachel Weisz, spiccano Oscar Isaac (il prefetto Oreste) e il sempre eccellente Michael Lonsdale, attore amato da Truffaut e Bunuel.
di Anna Parodi