Aggro Dr1ft
La recensione di Aggro Dr1ft, di Harmony Korine, a cura di Sergio Sozzo.

Il nuovo lavoro di Harmony Korine è l’ideale proseguimento dei suoi esperimenti con i filtri Snapchat fatti in anni recenti per brand come Gucci (cercate Duck Duck in rete): da questo punto di vista, la visione a raggi infrarossi che caratterizza la totalità di Aggro Dr1ft tiene insieme le derive del cosiddetto post-cinema, ovvero quel terreno che raccoglie le immagini (ri)generate dal flusso dei dispositivi mobile e del web, con alcune vertigini delle avanguardie “storiche” come gli effetti a surriscaldamento progressivo de L’uomo dagli occhi a raggi X di Roger Corman e la realtà scarnificata vista attraverso gli occhiali del John Carpenter di Essi Vivono – d’altronde, anche dei personaggi di Aggro dr1ft ogni tanto possiamo intravedere letteralmente il cranio dietro la pelle, in modalità davvero radiografica (The act of seeing with one’s own eye direbbe Stan Brakhage…).
Dentro al film, ma appunto anche dentro alle teste dei protagonisti e della rinnovata fanbase di Korine tra la generazione Z, c’è davvero di tutto, dalle atmosfere del gaming alla videoarte digitale ambient (che si conferma uno degli orizzonti centrali delle ultime edizioni della Mostra, si pensi in questi anni a titoli come Atlantide di Yuri Ancarani o Atlantis di Valentyn Vasjanovic, due opere che contengono al loro interno simili sequenze “solarizzate”), fino ovviamente alla partecipazione cruciale del rapper Travis Scott, uno degli artefici principali del contemporaneo della connessione fortissima tra l’ambiente musicale trap e simili e i nuovi linguaggi della tecnologia interiorizzata (si tratta del primo musicista ad aver tenuto un concerto “dentro” il frequentatissimo videogame multiplayer online Fortnite). In ogni senso e attraverso ogni senso, un’esperienza cruciale di questo festival.

di Sergio Sozzo