Agata e la tempesta
Un’anima divisa in due, titolo di un suo film del1993, sembra adattarsi alla perfezione al carattere e alle scelte artistiche di Silvio Soldini che, dopo l’intenso Brucio nel vento (2002), immerso in una fredda atmosfera, realizza, invece, con Agata e la tempesta, un’opera coloratissima, allegra, giocosa, senz’altro più vicina a Pane e tulipani(2000).
A dispetto del titolo e della locandina che pone in primo piano il personaggio di Agata (Licia Maglietta), pure centrale, il vero motore della vicenda narrata è Romeo (Giuseppe Battiston), un rappresentante di abiti, scanzonati e multicolori, come lui, che vive con una moglie (Monica Nappo) sulla sedia a rotelle, in seguito ad un incidente da lui stesso causato. L’esuberante, ma non superficiale, Romeo scopre, inaspettatamente, di avere un fratello in Gustavo (Emilio Solfrizzi), il quale ha trascorso parte della sua vita convinto di avere una sorella di nome Agata, che fa la libraia.
I tre entrano in relazione tra loro e ciascuno vede cambiare, in qualche modo, la propria vita: Gustavo prende sempre di più le distanze dalla moglie Ines (Marina Massironi) e dal lavoro, Agata si innamora di Nico (Claudio Santamaria), Romeo, spinto da Agata, si appassiona ai libri.
Accanto alle tre figure principali, convivono numerosi personaggi, altrettanto aperti e curiosi nei confronti della vita: Maria Libera, aiutante e amica di Agata, Margrethe Kierkegaard, la straniera che si innamora di Gustavo, il Geometra Mirabassi (Carla Astolfi), e tanti altri ancora.
In definitiva, Soldini porta sullo schermo tipi umani accattivanti e divertenti, accomunati dal gusto per il gioco, per le novità, per la vita. In questo senso, il tragico finale, nel quale Romeo muore, disorienta e riporta bruscamente alla realtà: è come se il regista decidesse, di punto in bianco, di far pagare al personaggio più affamato di vita, ma anche generoso, i suoi appetiti. Un po’ il contrario di quanto avveniva in Brucio nel vento: lì c’era una conclusione positiva, a dispetto di tutto, anche del romanzo di partenza “Ieri” di Agota Kristof; qui, si assiste, invece, ad una fine inaspettata e crudele.
Agata e la tempesta termina, dunque, lasciando lo spettatore spiazzato: Soldini sembra quasi voler, moralisticamente, punire il personaggio più avido di vita. Insomma, la morte di Romeo stride terribilmente con l’ottimismo, l’entusiasmo, la voglia di libertà, la fantasia, che si respirano per tutto il film e che conquistano, rapidamente, chi guarda. In un universo ludico e ideale come quello rappresentato, un lieto fine non sarebbe stato affatto banale, ma in linea con la filosofia di fondo del film: non bisogna opporsi alle “tempeste” che l’esistenza ci scatena contro, perché, assecondando il cambiamento, si possono scoprire risorse impreviste e piacevoli sorprese, in noi, negli altri, nella vita stessa.
di Mariella Cruciani