ABC Africa

ABC Africa è il resoconto di un viaggio; un viaggio in più direzioni che non presuppongono necessariamente una meta né un ritorno. Kiarostami, invitato dall’IFAD (il Fondo Internazionale di Sviluppo Agricolo) a realizzare un documentario sugli orfani dell’AIDS in Uganda e sulle iniziative atte a sviluppare lo spirito imprenditoriale delle vedove che se ne fanno carico, parte per l’Africa portandosi solo due piccole telecamere digitali.
Le immagini che scorrono sono spontanee, schizzi, appunti di viaggio in previsione di un ritorno più in grande stile, armati di cineprese e pellicola; ma il viaggio, come qualsiasi viaggio che si rispetti, non può non lasciare dei segni, cambiare le cose e le persone. Così, gli appunti si fanno film, più immediati e sinceri di qualsiasi operazione studiata a tavolino, più veri ed autentici di qualunque progetto; il grande autore iraniano universalmente riconosciuto ed acclamato si fa piccolo, si mescola ai bambini entusiasti di diventare e creare immagini, dimentica a casa lo stile per restituirci con purezza, lontanissimo dalla retorica e dal pietismo che, in questo genere di operazioni, sono sempre dietro l’angolo, la realtà.
Ma ogni opera di ripresa della realtà, anche la più documentaristicamente innocente, presuppone un’interpretazione, una scelta, un pensiero; a ben guardare i tratti caratteristici del regista ci sono tutti: le lunghe riprese in automobile, inquadrature fisse sulla strada che viene mangiata dalla Jeep mentre i passeggeri parlano e si raccontano; la ricerca della vita sulla morte, della vita che supera la morte, perché, se su 22 milioni di persone, 2 milioni sono morte di AIDS, vale a dire uno su dieci, non è giusto incentrare tutto su quest’uno che se ne è andato, tralasciando gli altri nove per i quali “la vita continua”; la predilezione per i bambini, seguiti nei loro giochi, nella loro spontaneità, nella loro irrefrenabile voglia di mostrarsi senza malizia; il sarcastico insistere sul contrasto tra i cartelloni pubblicitari di preservativi e i restrittivi divieti della chiesa cattolica.
Ma ABC Africa è anche il primo viaggio di Kiarostami in digitale. Alla scoperta delle meraviglie che questa macchina può offrire, delle lungaggini che può evitare e della capacità straordinaria di trasformarsi veramente in “penna-visiva” (come la camera-stylo già teorizzata in altri tempi) per raccogliere le suggestioni momentanee, le intuizioni folgoranti ma così volatili: la piccola macchina resta accesa mentre il buio scende ad immobilizzare le azioni ed i pensieri degli operatori, e la luce scompare lasciando, nel primissimo piano di uno schermo completamente nero squarciato temporaneamente da qualche fiammifero, solo voci; cinque minuti di grande cinema, fatto di nulla e della capacità di trasformare il nulla in arte.
E poi c’è il viaggio nel viaggio; perché per centinaia, migliaia di bambini che rimangono nel loro paese, accuditi in grandi società-famiglie, matriarcali per mancanza di uomini, dove le donne cercano faticosamente di apprendere i concetti di impresa (nel senso nobile del termine) di risparmio, di investimento, di cooperazione, ce n’è uno che trova un destino diverso e, forse, migliore nell’adozione da parte di una coppia austriaca. Sulla maglietta di questo piccolissimo viaggiatore ci sono tre lettere, “ABC”, e nel manifesto del film lo si vede in bilico su una corda: non si sa ancora se i primi passi della sua vita saranno un miglioramento; come non si sa se i primi passi di una nazione che cerca di risollevarsi da una tragedia potranno davvero cambiare le cose; e non si sa neppure se i primi passi di questo regista alle prese con una nuova forma di espressione saranno senza ritorno. Per quest’ultimo caso, da spettatori egoisti, c’è da augurarsi di no.
di Ludovico Bonora