A luci spente
A luci spente è, sin dalle prime immagini, un film su un film: immediatamente, facciamo la conoscenza del produttore Ettore Benedetti (Toni Bertorelli) e della famosa attrice Elena Monti (Giuliana De Sio), li sentiamo parlare di un progetto cinematografico, del Festival di Venezia.
Siamo a Roma nell’autunno del 1943 e, ben presto, dai discorsi sul film si passa alle riprese, affidate a Giovanni Forti (Giulio Scarpati), giovane regista antifascista che, con questo lavoro commissionato dal Vaticano, evita di andare a Venezia, dove si è trasferito tutto il cinema italiano al seguito della Repubblica di Salò.
Ad un certo punto, si assiste ad una vera e propria mise en abime: vediamo Giuliana de Sio interpretare Elena Monti che recita nei panni di un’infermiera, accanto ad un inedito Andrea Di Stefano che incarna Primo Ratelli, attore fascista e cialtrone, qui nel classico ruolo dell’innamorato.
Se, inizialmente, attraverso la storia delle riprese del film dal titolo Redenzione, Ponzi tributa un omaggio ironico e affettuoso al mondo del cinema, pian piano, prende il sopravvento lo sfondo storico e il discorso si fa politico.
Entra in scena un altro personaggio, Andrea Gautieri (Filippo Nigro), coraggioso partigiano in fuga, che, sul set di “Redenzione”, trova rifugio e, persino, un piccolo ruolo da recitare. Strada facendo si scopre che esistono molti modi di lottare e di resistere e che, anche per guardare, ci vuole coraggio.
A luci spente è un film corale, animato, eccezion fatta per la figura di Primo Ratelli, da protagonisti non privi di umanità e spessore, che coinvolgono lo spettatore e lo spingono a riflettere: in questo senso, risultano, forse, stonati e accessori i personaggi minori di Gabriella (Francesca Perini), assistente costumista, e di Silvio (Damiano Andriano), fotografo di scena.
Detto questo, il film può dirsi, sostanzialmente, riuscito grazie ad un cast di tutto rispetto e ad una vicenda capace di parlare del nostro presente, pur guardando al passato.
di Mariella Cruciani