Snowden

Coinvolge, affascina e convince il nuovo film di Oliver Stone, dedicato alla controversa figura di Edward Snowden. La storia, quella di un “piccolo uomo” in lotta contro i grandi meccanismi del potere, sembrava fatta apposta per piacere al regista di Jfk e in effetti Stone si è buttato anima e corpo in questo progetto, firmando anche la sceneggiatura (ottima) insieme a Kieran Fitzgerald. Il risultato peraltro è un po’ diverso da come sarebbe stato lecito attendersi da un autore talvolta esplosivo come Stone, personalissimo e anche discontinuo.
Il suo Snowden è un film dall’impianto classico, che si poggia sul solido modello americano del film di inchiesta e denuncia con un adeguato retroterra biografico e psicologico. Il modello, quando è ben applicato, funziona eccome, come in questo caso. Il film è incisivo, intrigante, appassionante. Non perde quasi mai colpi (salvo in qualche pleonastica scena d’amore) e porta dritto nel cuore del dibattito che interessa a Stone (e non solo a lui, ovviamente). Il Potere ha il diritto di controllarci tutti in nome della sicurezza e della lotta al terrorismo? Stone aderisce pienamente alla causa di Snowden e ce lo rappresenta, se non proprio come un eroe, come una sorta di Candido dell’informatica: si potrebbe vivere davvero nel migliore dei mondi possibili se si usasse la tecnologia solo a fin di bene.
Alcune ambiguità del personaggio emergono comunque qua e là, nonostante Snowden sia ribattezzato da un collega Biancaneve (Snow White in inglese) per il candore con cui si aggira in mezzo ai codici. Il giovane nerd ex conservatore che voleva diventare soldato delle forze speciali è visto a tratti come una vittima del suo stesso talento, di quel dono che gli permette di muoversi come nessun altro nella rete e che finisce per diventare una maledizione. Su una realtà paradossale Stone sceglie di non indagare: come mai Snowden, bestia nera della più grande democrazia americana, continua a vivere nell’assai meno democratica Russia di Vladimir Putin? E questo forse è il più grande limite del film, che per il resto, lo ribadiamo, è convincente e molto spesso entusiasmante.
A Stone va anche il merito di aver reso omaggio al documentario premio Oscar sul caso Snowden, Citizen Four. La regista di quel film, Laura Poitras, diventa uno dei personaggi principali di Snowden, affidato all’interpretazione di Melissa Leo. Il cast è stato scelto con eccezionale cura. Joseph Gordon-Levitt (già eccellente protagonista di The Walk di Zemeckis) è misurato e perfetto nella parte di Snowden (il vero Ed compare peraltro alla fine del film). Shailene Woodley, Zachary Quinto, Melissa Leo, Tom Wilkinson sono bravissimi e risultano convincenti, in parti minori ma incisive, Ben Schnetzer e Scott Eastwood (figlio del grande Clint). Ma il migliore di tutti è Rhys Ifans, nella suadente, inquietante, mefistofelica parte di Corbin O’ Brian. A lui andrebbe di diritto l’Oscar come migliore attore non protagonista, se fossimo nel migliore dei mondi possibili. Chissà.
TRAMA
Hong Kong, 2013. Edward Snowden, tecnico informatico, prima dipendente e poi consulente della Cia, chiuso nella sua stanza d’albergo incontra la documentarista Laura Poitras e i giornalisti del quotidiano The Guardian Glenn Greenwald e Ewen MacAskill. Sta per fornire loro uno scoop eccezionale: le prove di come i servizi di intelligence statunitensi, in nome della sicurezza, intercettino mail e conversazioni telefoniche di ignari cittadini di ogni parte del mondo. Snowden ripercorre la sua vita negli ultimi nove anni: l’addestramento nelle forze speciali Usa (interrotte per un incidente), le prime missioni di intelligence, il rapporto intenso ma tormentato con la fidanzata Lindsay, l’attività di controspionaggio informatico, i dubbi sul proprio lavoro.
di Anna Parodi