17 ragazze

L’adolescenza rappresenta uno di quei periodi della vita che, molto spesso, solo nella maturità ci appare come una sorta di epoca d’oro, un momento magico, fugace e irripetibile. Per chi quella fase la vive, sovente, non è così. La gioventù, spogliata degli orpelli nostalgici di chi l’ha già alle spalle, può anche essere un passaggio drammatico, un’età ingrata fatta di irrequietezza e delusione. Questo vale per Camille e le sue amiche, poco più che ragazzine e già provate dalla noia o dall’abbandono, prossime ad una deriva di ogni speranza di reale cambiamento, quasi intrappolate in una piccola città che sembra lontana anni luce da ogni possibile metamorfosi.

Lorient, infatti, si affaccia sul mare ma ha perso la sua storia durante la Seconda Guerra Mondiale (in cui fu quasi completamente distrutta) e il suo volto “nuovo”, ricostruito negli anni Cinquanta, ora non è che un’anacronistica maschera fatta di cemento e di vetro, con un corpo sgraziato che si bagna nell’acqua. Qui Delphine e Muriel Coulin, al loro esordio nel lungometraggio, hanno voluto ambientare la loro storia, mutuata da una vicenda realmente accaduta nel 2008 nel Massachusetts, poiché ciò che ci circonda non è solo mero sfondo ma, soprattutto nelle giovinezza, entra a far partedel nostro vissuto e può condizionarne scelte e alternative.

L’idea di un gruppo di ragazze decise a restare incinte tutte insieme non poteva che essere un piccolo, grande scandalo ma questo gesto, praticamente incomprensibile per gli adulti, rappresenta per queste diciassettenni un vero e proprio atto sovversivo. Con la meravigliosa incoscienza della loro età, le giovani vedono nella maternità una reale occasione di trasformazione. Mettere al mondo un figlio è più che mai un atto di ribellione nei confronti di coloro che le hanno, a loro volta , generate senza tuttavia essere in grado di offrire una prospettiva diversa, un futuro migliore o, molto più semplicemente, una speranza.

Tra egoismo e povertà di spirito il mondo dei genitori (e nondimeno, quello degli insegnanti) rivela tutta la sua deprimente incapacità a comprendere il significato di una simile scelta, tacciata come un “capriccio” o un atto di pura “incoscienza”. Al contrario, pur nell’inevitabile inesperienza e ingenuità, nella caparbietà delle ragazze alberga una reale consapevolezza, quella di voler cambiare lo stato delle cose. La forza del film risiede proprio nell’autenicità di questo desiderio, che assume i contorni della lotta, e che viene messo in atto attraverso l’atto fondante di una (ri)nascita.

Le sorelle Coulin raccontano la storia di queste 17 ragazze senza esprimere giudizi, senza cercare schieramenti. Con una narrazione asciutta, ma non per questo priva di empatia, entrano nell’universo, fragile e variegato, dell’adolescenza con passo leggero e con grande rispetto. Rifuggendo i luoghi comuni o l’emozione ricattatoria, le due registe dosano sapientemente l’ironia e la leggerezza, il turbamento e il dramma. Il film fotografa i sogni della gioventù sotto una luce nuova, guardandoli da una diversa, e per certi versi sorprendente, prospettiva. La macchina da presa cattura le espressioni delle protagoniste che rappresentano, ciascuna a proprio modo, un peculiare carattere o temperamento.

La verità dei loro volti è la verità del film che non cede ad alcuna tentazione consolatoria ma, al contrario, illumina con tagliente realismo l’amarezza del disincanto e del “dopo”  che succede al “prima” in cui “sentiamo che vogliamo tutto…[e ] siamo pericolosamente vicini a non volere niente…”.

TRAMA

A Lorient, una piccola città portuale, 17 ragazze del liceo decidono di restare incinte tutte insieme, in poche settimane. Una decisione che sconcerta tutta la comunità e sconvolge i genitori delle giovanissime. Camille e le sue amiche, a dispetto di tutti, non rinunciano alla maternità ma, al contrario, continuano orgogliosamente a lottare per essa, aggrappate alla speranza che riservi loro un futuro diverso, soprattutto di amore.


di Eleonora Saracino
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