Obiettivi mortali
Wrong is Right, vale a dire Obiettivo mortale, fu nel 1982 il penultimo film della carriera da regista di Richard Brooks. Un film che parlava dell'ingerenza della politica estera statunitense nel Medio Oriente, partendo da un sedicente stato islamico che poneva sotto minaccia di bombe il World Trade Center a New York. Ricorda qualcosa?
Nel 2003 all’interno del primo dei tre volumi dell’Enciclopedia del cinema Treccani avevo curato la voce relativa al regista e sceneggiatore Richard Brooks, consultabile attualmente a questo indirizzo elettronico. Chiaramente non occorre in questa spiegare chi sia Richard Brooks. La consegna delle voci avvenne circa un anno, forse due prima. Non ricordo esattamente se nel 2001 o nel 2002. Di sicuro quella la consegnai dopo l’11 settembre 2001. Poiché il clamoroso abbattimento delle Twin Towers in realtà aveva avuto un precedente cinematografico. E mi ero premurato di sottolinearlo. Sapevo quindi che la voce su Richard Brooks non sarebbe passata inosservata. Avevo deliberatamente nella sua filmografia riservato infatti alcune righe mirate al penultimo, di solito trascurato film dell’autore dei ben più celebri The Blackboard Jungle (Il seme della violenza, 1955) e The Professionals (I professionisti, 1966). L’ultimo sarebbe stato Fever Pitch (La febbre del gioco, 1983). Volli comunque dar spazio in quella circostanza, nel poco spazio disponibile per condensare un’intera, fitta e prestigiosa, al «profetico ma trascurato thriller fantapolitico Wrong Is Right, noto anche come The Man with the Deadly Lens (Obiettivo mortale, 1982), dove la dietrologia della politica statunitense in Medio Oriente, capitalizzata dai network, scatena una serie di attentati terroristici che hanno come obiettivo il World Trade Center e l’intera città di New York». Dalla redazione fui immediatamente chiamato. Chi l’aveva letta mi chiese se era corretto quello che avevo scritto. Certo, dissi.
Il film parla esattamente di questo. Una minaccia dalle possibili conseguenze catastrofiche incombe su New York, quella di due bombe atomiche collocate in un punto strategico della città dagli emissari dello spietato Rafeeq, divenuto capo di uno stato arabo, l’Habreb, deciso a far pagare caro il prezzo del petrolio agli Stati Uniti e all’Occidente intero, dopo aver guidato un’organizzazione di terroristi islamici denominata “L’Occhio di Gaza”. L’episodio è l’ultimo di una serie di atti violenti frutto dell’antagonismo radicale di paesi islamici, come appunto l’Hagreb, che hanno fino ad allora subito e sopportato malvolentieri le ingerenze statunitensi nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi del sottosuolo. E New York è diventata il teatro di una serie di attentati compiuti da militanti fanatici disposti a suicidarsi pubblicamente, cioè davanti alle telecamere, come autentiche bombe umane in segno di protesta estrema. Poi la rete delle bombe umane si è allargata, prendendo di mira simultaneamente vari punti strategici della nazione americana, fino all’epilogo inquietante delle bombe atomiche newyorkesi. Il presidente americano Frank Lokwood, la Cia, l’Fbi, l’Esercito e il cronista televisivo Patrick Hale lottano contro il tempo per trovarle. È inutile cercare di eliminare Rafeeq perché questo non cambierebbe la sorte della città di New York, né servirebbe congelare i fondi del leader arabo già depositati per tempo dallo stesso in sicure e inespugnabili banche del Liechtenstein. Dunque, non restano che poche ore alla tremenda esplosione. E i newyorkesi ignorano completamente la minaccia imminente perché questo creerebbe – secondo le autorità governative – ulteriore e inutile panico, non potendo essere l’intera metropoli sgomberata in poche ore. Ma le bombe all’ultimo momento vengono individuate, miracolosamente e quasi per caso, appese ad un’asta della seconda delle Twin Towers del World Trade Center. Di sicuro, senza troppo clamore né conseguenze letali. Tanto che il capo della Cia in persona le disinnesca senza tradire la minima preoccupazione. Il giornalista tv, a cose fatte, gli dice: «E pensare che ho pensato che voialtri aveste allestito il più grande show dopo il suicidio di Re Awad». Il riferimento è al precedente regicidio politico architettato dalla Cia e camuffato da suicidio. Mr. Cia replica, con tranquillità: «Signor, Hale, cerchiamo solo di fare ciò che è bene». Hale replica: «Perfino quando è male». E l’interlocutore aggiunge: «Se è bene per l’America non può essere male, vero?». A questo punto gli Stati Uniti e il moderato presidente Lockwood hanno un’ottima ragione per dichiarare guerra all’Hagreb e probabilmente all’intero mondo arabo, contando sul consenso internazionale e su quello degli stessi avversari politici interni. Persino il candidato avversario alla Casa Bianca gli dice: «Caro Frank, l’hai fatta!». E Lockwood: «Non se ne poteva più!» Così, d’accordo, scatenano soddisfatti la Terza Guerra Mondiale, che le televisioni filmano in diretta detenendone l’esclusiva e capitalizzando ulteriormente, attraverso brevi interruzioni pubblicitarie durante il programma pagate care dai committenti, l’invasione e la conquista militare degli agognati pozzi petroliferi. I giornali titolano: «CONGRESS VOTES WAR» e «WAR AT LAST». Il presidente, mostrandole in televisione, definisce le due bombe, disinnescate provvidenzialmente «sul nostro territorio, un atto di guerra, di guerra non dichiarata, di guerra non provocata, iniziata dai più sanguinari terroristi della storia moderna, da Rafeeq, l’unno di Hagreb». E Rafeeq, esibendo anche lui le bombe atomiche davanti alle telecamere mondiali, sostiene che sono le prove della sua estraneità ai fatti imputatigli.
La trama, per sommi capi, di Wrong Is Right, circolato poco e male in Italia con il titolo generico Obiettivo mortale, appartiene principalmente allo stesso Richard Brooks, che l’aveva a sua volta dal romanzo di spionaggio The Better Angels di Charles McCarry. Nel romanzo manca l’episodio dello scampato attentato, almeno allora, alle Twin Towers. Il film non piacque granché. Si scrisse che era alquanto sconclusionato, disordinato, forsennato. Metteva troppa carne al fuoco, nel 1982. Addirittura collegava il terrorismo arabo organizzato a un tremendo attentato a New York, a partire dai due grattacieli simbolo, i più alti del mondo. E ipotizzava un misterioso, ambiguo ma diretto coinvolgimento della Cia per sciogliere gli indugi del presidente e dell’opinione pubblica in merito ad una guerra da intraprendere necessariamente contro i paesi più antiamericani del Medio Oriente.
Naturalmente, si tratta(va) di pura fantapolitica. Stupidaggini hollywoodiane. Follie da letteratura minore o da cinema invaghito delle ipotesi di complotto. Trent’anni fa sembravano un parto esagerato dell’immaginazione. Fino all’attentato al World Trade Center, o meglio all’ex World Trade Center. Gli avvenimenti concreti hanno scavalcato la finzione. L’avvenimento e la figura di Rafeeq però qualche debito con il libro di McCarry e il film di Brooks ce l’hanno. Mancava agli inizi degli anni ‘80 all’appello solo il finale del film, non più tanto paradossale se riconsiderato con il senno di poi: la guerra americana sferrata contro lo stato arabo, sede del potente gruppo terroristico. Ne viene in mente qualcuno in particolare? Un dietrologo penserebbe che se i critici e gli storici del film hanno preso sottogamba questo film abbastanza informato a priori, con maggiore attenzione qualcun altro deve averlo visto o ispirato.
di AntonGiulio Mancino