Nemo propheta in patria? La memoria di “Ottobre” di Ejzenštejn
Il prof. Stefano Pisu (Università degli Studi di Cagliari) ripercorre la ricezione e la memoria del film di Ejzenštejn negli ambienti cinematografici sovietici.
L’oggetto di questo contributo è lo studio della ricezione e della memoria di Ottobre (Oktjabr’ di Sergej M. Ejzenštejn, Produzione Sovkino 1927-28) negli ambienti cinematografici sovietici (critica, cineasti e dirigenti del settore), dalla sua prima distribuzione fino agli anni della Perestrojka, dunque alla vigilia della fine della stessa parabola storica dell’URSS. Quelli che a lungo sono stati i testi di riferimento per la storia del cinema sovietico – anche in occidente – hanno trasmesso l’immagine di un film recepito negativamente e nel complesso bocciato da pubblico e critica sovietici nel 1928.
Secondo il padre della storiografia del cinema dell’URSS Nikolaj Lebedev, «nonostante una serie di realizzazioni particolari assai notevoli (soprattutto sul piano figurativo), i film Ottobre e Il vecchio e il nuovo furono grossi insuccessi del cinema dei novatori. […] In Ottobre, Ejzenštejn tentò di realizzare alcune delle sue idee sul cinema intellettuale. Presentando, per mezzo del montaggio, una successione di inquadrature riproducenti gli attributi di varie religioni – il crocefisso cattolico, gli idoli buddisti, confuciani, primitivi etc. – pensava di creare nella coscienza dello spettatore il concetto di “divinità”. Ma in realtà, lo spettatore non vedeva in questa serie che “elenco cinematografico” di pezzi da museo, inclusi chissà perché in un film sulla grande rivoluzione proletaria. […] Il film fu accolto dalla critica con riserva e dagli spettatori con freddezza».
Jay Leyda, allievo di Ejzenštejn e primo autore occidentale di una storia del cinema sovietico di rilievo, ha poi evidenziato che Oktjabr’ diventò il riferimento principale per le accuse di formalismo lanciate dalla critica ufficiale a Ejzenštejn lungo tutta la sua carriera: «tra i quattro film muti portati a termine [negli anni Venti] da Ejzenštejn Ottobre costituì il bersaglio preferito delle critiche sovietiche al regista. All’estero fu accolto nel 1928 con soddisfacente calore, ma in patria servì a mettere sotto accusa Ejzenštejn e i suoi metodi con attacchi poi proseguiti, con qualche breve momento di respiro, per il resto della sua vita».
Le affermazioni di Lebedev e Leyda hanno creato una rappresentazione tout court negativa circa l’accoglienza del film in URSS, e l’assenza di studi sul suo destino successivo e sulla sua memoria nella storia del cinema sovietico ha prodotto l’impressione di un film “maledetto” e caduto nell’oblio in patria. Negli anni Settanta, inoltre, in concomitanza con l’emergere del dissenso nel blocco sovietico nel dibattito pubblico e politico internazionale, si è posta una relazione di continuità fra i cineasti anticonformisti dell’epoca – interdetti in patria e talvolta costretti all’emigrazione – e gli autori dell’avanguardia che avevano avuto problemi con la censura: in questo modo si consolidava una lettura totalmente “vittimaria” di alcuni cineasti, in particolare Ejzenštejn e Dovženko, che appiattiva l’evoluzione storica quasi venticinquennale dei loro rapporti con le autorità cinematografiche e politiche del Paese.
Va tuttavia precisato che alcuni studi recenti, basati su inchieste condotte presso gli spettatori di alcune sale moscovite, hanno mostrato invece una risposta più variegata del pubblico circa il gradimento di Oktjabr’: i due terzi del pubblico interpellato apprezzò in generale il film, pur sollevando delle obiezioni sui passaggi più complessi – sottolineate da chi raccolse i questionari –, di cui probabilmente la critica ufficiale si servì sulla stampa. Oktjabr’ fu oggetto di un ostracismo generalizzato degli ambienti cinematografici sovietici per i successivi vent’anni circa – fino alla morte del cineasta –, come dimostra la quasi totale assenza di riferimenti al film nelle pubblicazioni celebrative uscite in occasione dei giubilei del cinema sovietico. Lo stesso Ejzenštejn omise di citare il proprio film sulla rivoluzione in un testo del 1947, che era stato preparato per il trentennale del cinema sovietico e che fu pubblicato postumo nel 1949 per la sopraggiunta morte del cineasta l’11 febbraio 1948.
La morte del regista e la riscoperta del film (1948-1958)
In occasione della scomparsa di Ejzenštejn, il regista veterano Michail Romm scrisse un’editoriale sulla principale rivista specializzata sovietica: Oktjabr’ era citato insieme a tutti gli altri film del cineasta appena deceduto, a esclusione della seconda parte di Ivan Groznyj che era stata bloccata con la risoluzione del comitato centrale del partito comunista del 2 settembre 1946, divenuta simbolo dello ždanovismo nel cinema. D’altra parte Romm precisò che Ejzenštejn «ogni tanto commetteva degli errori. Non tutti i suoi film sono stati perfetti allo stesso modo, ma sono stati tutti straordinariamente significativi». In questo modo rendeva omaggio alla rilevanza dell’opera filmica e teorica di Ejzenštejn pur dovendone riconoscere alcuni limiti, considerato il clima di repressione culturale e artistica del secondo stalinismo.
Iniziava così, seppure timidamente, una rivalutazione del terzo lungometraggio del cineasta. Nel 1949 un altro articolo dedicato al trentennale del cinema sovietico lo menzionava fra le opere «piene di una profonda passione ideale e della scintilla del talento rivoluzionario», nello stesso momento in cui appariva il già citato testo postumo di Ejzenštejn dove il regista censurava il suo Ottobre.
Una tappa fondamentale nel processo di riabilitazione del film di Ejzenštejn fu certamente il 1958, anno in cui fu anche messa in circolazione la sopra citata seconda parte di Ivan Groznyj e il Potëmkin fu eletto la migliore pellicola di sempre al festival mondiale del film di Bruxelles. Uscì allora Sergej Ejzenštejn (1898-1948), girato dal documentarista sovietico georgiano Vasilij Katanjan in occasione del decennale della morte del cineasta, oltre che del sessantesimo dalla nascita. Il documentario di montaggio sulla vita del cineasta, della durata di poco più di 48 minuti, si basa sui materiali conservati al Gosfilmofond (la cineteca statale sovietica). Oltre che ripercorrere la sua formazione in campo teatrale e i film realizzati, il film mostra anche come la memoria della sua opera di cineasta e teorico fosse ancora viva a livello internazionale, grazie alla diffusione delle traduzioni dei suoi scritti e all’allestimento di mostre dedicategli.
Sono due e mezzo i minuti riservati dal documntario a Oktjabr’ in cui, mentre scorrono le immagini del film e si sente l’Internazionale eseguita da un’orchestra, sono rimarcati diversi aspetti. Innanzitutto è segnalato che si tratta del primo film a soggetto a mettere in scena il personaggio di Lenin. Inoltre si evidenzia la chiave satirica con cui erano rappresentati i «nemici e i traditori della rivoluzione», con il supporto visivo del montaggio di Kerenskij con il pavone dorato e dei «discorsi dei socialisti rivoluzionari e dei menscevichi demagoghi con la balalaika e le arpe». Si dedica molto spazio alla ricostruzione della presa del Palazzo d’Inverno, che era definita come «storicamente autentica e con un enorme patos rivoluzionario». Si afferma, infine, che «il significato di Ottobre per lo sviluppo dell’arte sovietica è stato grande e fruttuoso».
La rilevanza del documentario di Katanjan nel percorso di pieno riconoscimento in URSS di Oktjabr’ fra le grandi realizzazioni non solo di Ejzenštejn, ma dello stesso cinema sovietico e mondiale, è dovuta in primo luogo alla diretta dichiarazione del ruolo del film del 1928 nello sviluppo successivo del cinema sovietico. In secondo luogo, all’affermazione sull’uso metaforico del montaggio come punto di forza del film, pur senza una menzione esplicita del “montaggio intellettuale”. Il film di Katanjan fu premiato nel 1961 al festival del cinema documentario di Edimburgo.
La riedizione del film intorno al giubileo della rivoluzione (1967-1969)
Nell’ambito della riscoperta delle avanguardie artistiche avvenuta in tutto il blocco socialista per il cinquantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre vi fu, nel 1967, la riedizione di Oktjabr’ a cura di Grigorij Aleksandrov, che era stato assistente di Ejzenštejn prima di intraprendere una fortunata carriera, soprattutto come autore di commedie musicali.
Com’è noto, la nuova versione del film si distingue in particolare per la sonorizzazione. Oltre alla colonna sonora musicale composta da Dmitrij Šostakovič, fu inserito un incipit di due minuti, inesistente nella versione originale, in cui dopo il rumore di alcuni spari la voce over presenta il progetto e ne spiega le ragioni, mentre sullo schermo si indugia in dettaglio e in generale sulle diverse locandine del film: «Questo film fu girato nel 1927. Lo crearono i maestri del giovane cinema sovietico guidati da S.M. Ejzenštein per il decennale del paese dei soviet. Gli eventi del 1917 sono stati ricostruiti il più precisamente possibile. Davanti all’obbiettivo della cinepresa recitarono molti partecipanti della rivoluzione. Operai, guardie rosse, soldati, marinai tra cui Nikolaj Ilič Podvoiskij, uno degli organizzatori dell’insurrezione armata. Leningrado: le sue strade, gli edifici, le sale del Palazzo d’Inverno, i corridoi dello Smolnyj, i tram, le automobili, le armi, l’abbigliamento delle persone nell’anno delle riprese del film erano gli stessi dello storico anno delle lotte per il potere sovietico. Così, il film Ottobre arriva a noi dal lontano passato nel nostro cinquantesimo anniversario come un testimone autentico e preciso del fiammeggiante inizio del nostro Stato. Allo stesso tempo conserva […] il suo significato di bellissima opera dell’arte sovietica, creazione meravigliosa di uno dei più grandi registi mondiali».
L’interesse dell’incipit risiede soprattutto nelle affermazioni finali che conferiscono a Oktjabr’ un duplice statuto: il film è al contempo un’opera d’arte, una creazione (in russo tvorenie), qualcosa quindi di evidentemente costruito; ma è anche una testimonianza veritiera della genesi dello Stato sovietico. Nella capacità di compenetrare inestricabilmente arte e realtà, ricostruzione fictional e documentazione storica, attribuita dall’incipit del 1967 al film di Ejzenštejn, si trovano in nuce i termini di un dibattito storiografico che avrebbe poi coinvolto per decenni gli storici, del cinema e no, sulla natura di Oktjabr’.
Al di là dell’incipit e della colonna sonora di Šostakovič, nella versione del 1967 Aleksandrov intervenne nel montaggio reinserendo delle scene che erano state tagliate su ordine di Stalin nel novembre 1927, almeno secondo quanto riportato nelle memorie del regista. Tuttavia Sorlin ridimensiona la presenza iniziale di Trockij nel film, mentre secondo Taylor la somiglianza con altri personaggi ne offuscavano il ruolo. La stampa specializzata diede molto risalto alla nuova edizione del film, come attestato da alcuni suoi fotogrammi inseriti nella copertina del numero di novembre di Iskusstvo Kino, uscito in concomitanza con il cinquantesimo della rivoluzione. Il film fu fatto circolare in tutto il mondo in occasione del giubileo, svolgendo così la funzione di ambasciatore della cultura rivoluzionaria sovietica.
La distribuzione internazionale dell’edizione del 1967 ne consolidò anche lo statuto all’interno dell’URSS, in un momento in cui era già in atto un processo di istituzionalizzazione della memoria dell’attività del regista: due anni prima la sua abitazione moscovita era stata trasformata in museo e la documentazione cartacea presente era stata trasmessa all’Archivio centrale per la letteratura e le arti. Nel 1969 fu realizzato un cortometraggio documentario intitolato Kinorežisser Sergej Ejzenštejn [Il regista Sergej Ejsenštejn] – dall’autore ignoto –, dove erano citati solo alcuni dei film del cineasta e fra questi vi era ancora Oktjabr’. Nei 18 secondi dedicatigli sono montate le immagini dell’arrivo di Lenin alla stazione Finlandia: la voce off sottolineò soltanto la prima apparizione nel cinema di finzione del personaggio del leader bolscevico.
La legittimazione del “montaggio intellettuale” e del film come Storia (1987-1988)
Negli anni della glasnost gorbaceviana vi fu una critica retrospettiva verso i cineasti operanti nel periodo dello stalinismo, che toccò in parte lo stesso Ejzenštejn. Comunque, in quel periodo si ebbe non solo la conferma della riabilitazione di Oktjabr’ quale film memorabile nella storia del cinema sovietico, ma anche la piena consacrazione degli innovativi procedimenti linguistici adottati.
Nel 1987 uscì una nuova edizione del dizionario enciclopedico del cinema, in cui alla voce relativa al regista e in riferimento a Oktjabr’ si riportava: «Continuando a elaborare nuove possibilità espressive del cinema, E. offrì una serie di combinazioni di montaggio, cioè delle “cinemetafore”: il carrierista Kerenskij era montato con delle statuette di Napoleone e con un pavone dorato; gli oratori-demagoghi menscevichi e socialrivoluzionari con delle arpe e delle balalaiche sferraglianti. […] Una serie di primi piani di diverse immagini religiose esprimeva il concetto di religione. Questi esperimenti a volte fortemente impressionanti, a volte complessi e difficili da capire condussero E. all’elaborazione della teoria del “montaggio intellettuale”, fondato sulla possibilità di fornire con gli strumenti del cinema non solo immagini artistiche ma anche concetti scientifici. […] Ma a fare di Ottobre una nuova tappa dello sviluppo del cinema non sono stati questi complicati esperimenti, ma la ricostruzione ispirata degli eventi rivoluzionari e il primo tentativo di restituire Lenin tramite un attore».
In questo modo si menzionava per la prima volta esplicitamente il montaggio intellettuale, sebbene al contempo si precisasse che il valore del film non era attribuibile tanto a quelli che venivano considerati comunque degli «esperimenti complessi», quanto alla capacità di restituire la temperie rivoluzionaria e di mettere in scena Lenin.
Nello stesso anno uscì un breve documentario in occasione del settantesimo anniversario della rivoluzione, intitolato Dokumenty Oktjabrja [I documenti dell’Ottobre] e focalizzato sulla documentazione storica cartacea relativa al 1917. Nell’incipit del film sono presentate le diverse figure che commenteranno le carte nel corso dell’opera (direttori d’archivio, professori, membri dell’accademia delle scienze etc.). Le prime immagini immediatamente successive a quelle degli intervistati provengono proprio da Oktjabr’. Siamo perciò davanti al paradosso di un prodotto che per celebrare la documentazione storica della rivoluzione, quindi teoricamente ciò che accadde, si rifà visivamente alla ricostruzione di dieci anni dopo.
Si tratta di una sorte di nemesi storica per il film di Ejzenštejn, che assurge così ufficialmente a testimonianza non di come la rivoluzione sia stata rappresentata, ma della rivoluzione stessa, come peraltro era già stato asserito nell’incipit della riedizione del 1967. In seguito vengono inseriti nel film stralci di cinegiornali d’epoca ma senza che vi sia una distinzione fra le immagini di repertorio del periodo e quelle del film del 1927-28: Oktjabr’ acquisisce così lo stesso statuto documentario di quanto ripreso nell’anno rivoluzionario.
Nel 1988 lo studio centrale di film documentari produsse una nuova opera commemorativa: si tratta di Sergej Ejzenštejn. K 90-letiju so dnja roždenija Sergeja Ejzenštejna [Per il novantesimo anniversario dalla nascita di S. E.]. L’opera è suddivisa in due parti, dalla durata di quasi dieci minuti ognuna, e fu commissionata dall’SSOD per essere inserita nella rassegna cinematografica n. 227 Po Sovetskomu Sojuzu [in giro per l’URSS] al fine di una sua circolazione all’estero. Nel minuto e quindici dedicato a Oktjabr’ sono ben distinte tre parti: nella prima si ricorda ancora una volta la prima apparizione del personaggio di Lenin sul grande schermo con l’accompagnamento visivo dell’arrivo del leader alla stazione Finlandia; nell’ultima vi sono estratti dell’assalto al Palazzo d’Inverno; quella centrale ci mostra alcune fotografie del cineasta mentre scruta i fotogrammi di una pellicola e la voce over dice «nell’immaginazione del regista si crea il film, si realizza la teoria del montaggio, nasce l’ipotesi di Ejzenštejn sul cinema intellettuale».
Per la prima volta in un’opera cinematografica dedicata al cineasta si citava il cinema intellettuale senza fare riferimento alla sua complessità e agli aspetti negativi sulla comprensione del film. L’accostamento con le foto di Ejzenštejn che osserva attentamente i fotogrammi di una pellicola spiegata e l’incalzante tema musicale di Sviridov – scritto per la presa del Palazzo d’Inverno di Krasnye Kolokola II di Sergej Bondarčuk (1982) – intendono creare un senso di epica che pertiene sia al contenuto rivoluzionario del film, sia alla sua forma, anch’essa rivoluzionaria.
Conclusioni
La riabilitazione del film Oktjabr’ di Ejzenštejn e il suo inserimento fra le pietre miliari della storia del cinema sovietico furono al contempo rapidi e graduali. Dopo quasi vent’anni di sostanziale oblio, la morte del regista nel 1948 avviò un processo di memorizzazione dell’importanza del film nell’ambito di una riflessione generale sul valore del cineasta, che si riattivò periodicamente in particolar modo in occasione degli anniversari a cifra tonda della sua nascita e della sua scomparsa.
Il processo fu rapido in merito ad almeno due aspetti del film. Innanzitutto si segnalò il significato della prima rappresentazione di Lenin nel cinema di finzione, che fece da apripista per il culto cinematografico del leader bolscevico nell’ambito dello specifico genere dei film a soggetto sulla rivoluzione. Inoltre, si affermò la generale rilevanza del film per lo sviluppo successivo del cinema sovietico e per la storia tout court di come i bolscevichi erano arrivati al potere nel 1917.
Meno lineare fu invece la dinamica che condusse gli ambienti cinematografici sovietici – tramite documentari commemorativi e pubblicazioni – a legittimare il ruolo decisivo del montaggio intellettuale nel valore del film in sé e per la storia del cinema dell’URSS. Tale riconoscimento, implicito nel documentario di Katanjan del 1958, fu dichiarato apertamente solo trent’anni dopo e coesisteva con le riserve ancora presenti nell’enciclopedia sovietica del cinema sulla complessità e intelligibilità di quei procedimenti.
di Stefano Pisu